consulenza manageriale

lunedì, maggio 15, 2006

Il capitale intellettuale dell'impresa

Il capitale intellettuale dell'impresa
(da http://www.caosmanagement.it di aprile 2006)

Il contesto: Il ciclo del valore e il capitale intellettuale
Nell' economia della conoscenza, la performance delle aziende e il vantaggio competitivo sono sempre più legati a fattori quali le competenze del personale, l'innovazione, le relazioni con gli stakeholder, la capacità di alimentare incessantemente un circolo virtuoso di creazione, sviluppo, condivisione e diffusione delle conoscenze. Gli elementi evidenziati costituiscono il capitale intellettuale aziendale, ossia il sistema delle risorse immateriali che sono alla base del vantaggio competitivo e della creazione di valore.

Il Capitale Intellettuale di un'azienda è l'insieme degli asset intangibili che essa possiede. Il termine asset intangibile o asset soft, nasce in opposizione a quello di asset tangibile, con il quale si indicano le risorse fisiche a disposizione dell'azienda e del processo produttivo. E' opportuno sottolineare che la maggior parte degli asset soft sono legati alla conoscenza; essi sono essenzialmente: talento, abilità, know-how, know-what e relazioni che possono essere usate per creare ricchezza.

Il Capitale Intellettuale, inteso come risorsa intangibile di un'organizzazione è ormai riconosciuto come elemento critico e fondamentale da cui partire e dal quale ricavare valore aggiunto. Esso non si esaurisce nelle conoscenze e nelle competenze delle persone che sono parte dell'organizzazione ma, si estende alle relazioni che vengono instaurate con gli attori "esterni", alla capacità organizzativa di una struttura e può essere visto come l'"applicazione" delle competenze e delle conoscenze del singolo che genera nuove risorse interne (innovazione, know how, metodologie e processi) ed esterne (immagine, reputazione, relazioni con clienti e fornitori). Se si riesce a trasferire la conoscenza dall'uomo all'organizzazione si sposta il capitale di conoscenza dall'operatore all'organizzazione stessa che ne diventa proprietaria e può a sua volta riproporlo.

Sono individuabili 2 macrocomponenti del capitale intellettuale:
1. Il capitale umano: le competenze delle persone che operano nel core business dell'azienda; 2. Il capitale strutturale relativo alla conoscenza "trattenuta" e "contenuta" dall'azienda che è articolabile a sua volta, in:
2.1 Capitale organizzativo interno che costituisce la conoscenza codificata, strutturata in qualche elemento "tangibile", che lo renda condivisibile al personale dell'organizzazione e, quindi, trasmissibile nel tempo e nello spazio.;
2.2 Il Capitale relazionale relativo al valore dei rapporti di un'organizzazione con le parti interessate. Comprende tutte le relazioni che l'azienda instaura con i principali stakeholder, non solo Clienti ma anche fornitori, comunità locale, finanziatori. Relazioni consolidate e forti con gli stakeholder conferiscono valore ad un'azienda in quanto sono espressione di una redditività duratura. L'insieme delle relazioni interne all'azienda che i singoli individui mettono in atto, consente di innestare quell'effetto moltiplicatore che permette ad ogni organizzazione di conseguire prestazioni di ordine superiore. E' da questo tipo di capitale che discende la cultura del gruppo, alla base di qualsiasi organizzazione.

Per gestire, in un ottica di sviluppo, tali elementi intangibili, è utile predisporre un bilancio del capitale intellettuale (intellectual capital report), che non è altro che un report che ha lo scopo di indicare gli elementi intangibili dell'impresa, affiancandoli ai valori contabili e alle transazioni presenti nel bilancio tradizionale che rappresentano gli elementi tangibili. Tali bilanci, fornendo una descrizione esaustiva degli elementi immateriali dell'azienda, del loro sviluppo nel tempo e della loro relazione con il business d'impresa, sono sia degli ottimi strumenti manageriali di valutazione, sia ottimi strumenti esterni di comunicazione.

La valutazione del valore di un'azienda con i tradizionali strumenti contabili, restituisce un risultato fortemente parziale dell'effettivo valore poiché ignora gli asset intangibili e si limita a "registrare" una misura fortemente vincolata agli asset fisici, i quali non forniscono alcuna informazione in merito alla capacità competitiva dell'organizzazione.

La creazione del valore é a valle di una corretta misurazione e gestione del capitale intellettuale .

Lo scenario: cosa sta accadendo nel mondo, in Europa e in Italia. Le indicazioni di Basilea 2.
Il capitale intellettuale è il sistema delle risorse immateriali aziendali che sono alla base della creazione del vantaggio competitivo e che spiegano una parte del differenziale tra il valore che il mercato attribuisce ad un'organizzazione e il valore che emerge dal bilancio di esercizio.E' proprio tale differenziale, non misurato dai tradizionali strumenti di analisi del valore aziendale, che ha generato la forte esigenza di predisporre nuove metodologie e strumenti.

In Europa, il governo danese ha presentato delle linee guida per le società che intendono pubblicare un Intellectual Capital Report, dove il focus non è tanto la valorizzazione degli asset intangibili nello stato patrimoniale e nel conto economico, ma la comunicazione al mercato di informazioni aggiuntive relative a tali asset. L'accento è quindi sulla gestione più che sulla esatta valorizzazione economica. Nel maggio 2001, inoltre, anche il Department of Trade and Industry inglese ha pubblicato un documento in cui riconosce l'urgenza di giungere alla rendicontazione degli asset intangibili. La stessa UE nel 2003 ha istituito un gruppo di ricerca denominato High Level Expert Group on the Intagible Economy con il compito di giungere alla stesura di un White Paper in materia. A partire dall'anno 2003 le aziende danesi operanti nei settori "knowledge intensive" sono obbligate a pubblicare un "intellectual capital report" perché valutare il proprio capitale intellettuale.

In Italia la situazione è abbastanza variegata. La società di comunicazione Hill & Knowlton (ottobre 2003) ha infatti evidenziato come l'80% degli amministratori delegati consideri fondamentale la "reputazione" delle proprie aziende, ma anche come solo meno del 30% abbia cercato di misurarla in qualche modo. Significativo di un'accresciuta attenzione, tuttavia, è il fatto che l'Aiaf, l'Associazione Italiana degli Analisti Finanziari, abbia elaborato un modello di rilevazione e comunicazione degli "intangible asset" delle aziende italiane. Si tratta del primo esempio a livello internazionale di una presa di posizione "ufficiale" sul tema da parte degli analisti finanziari, e a partire dal 2006 gli analisti finanziari italiani dovrebbero classificare le aziende anche sulla base del loro livello di "disclosure" con riguardo agli asset intangibili..
Alla luce di tali considerazioni, non sono da sottovalutare le prospettive offerte dal Comitato di Basilea per la misurazione del capitale intellettuale.
Il Comitato di Basilea 2 è sorto nel 1974 ed è un'organizzazione internazionale, che opera in seno alla Banca dei Regolamenti Internazionali (Bank for International Settlements, BIS), allo scopo di promuovere e favorire la stabilità monetaria e finanziaria e la collaborazione fra le banche centrali dei dieci paesi più industrializzati: Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e USA (G10 con Lussemburgo e Spagna).
Dopo il primo accordo del 1998 che ha posto le basi delle nuove regole di vigilanza del sistema bancario, nel gennaio 2001 nasce un nuovo accordo internazionale Basilea 2 sui requisiti minimi patrimoniali delle banche. In base ad esso, le banche dei Paesi aderenti dovranno accumulare quote di capitale, proporzionate al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti. Gli istituti di credito dovranno, inoltre, classificare la clientela in base a determinati coefficienti di rischiosità.

La banca effettuerà valutazioni sui clienti nei seguenti campi: capacità storica e futura di generare liquidità struttura patrimoniale, qualità dei ricavi programma aziendale (pianificazioni strategiche, investimenti in ricerca e sviluppo), qualità e tempestività delle informazioni, management (continuità della dirigenza, regole di successione, classe sociale) caratteristiche e andamento del settore in cui opera l'azienda (informazioni legate al settore e al mercato in generale) andamento del rapporto banca/impresa (utilizzo degli affidamenti, sconfinamenti, insoluti , ecc.); andamento del rapporto azienda/sistema bancario attraverso dati desumibili dalla Centrale dei Rischi e da strumenti analoghi di informazione .

I rating interni devono ricoprire un ruolo primario nella procedura di approvazione del credito e dovrebbero costituire parte integrante della procedura di misurazione e gestione del rischio di credito. Le probabilità di insolvenza associate ai rating devono essere utilizzate per il pricing del rischio di credito, quindi il costo del credito deve riflettere le indicazioni derivate dai rating e dalle particolarità dell'operazione.

Dalle considerazioni di cui sopra, emerge l'imprescindibilità dell'adozione di nuove metodologie e strumenti per la misura del valore aziendale, tanto più che le aree di valutazione identificate da Basilea 2 sono fortemente influenzate dagli asset intangibili contenuti nel capitale intellettuale.
Il bilancio del capitale intellettuale

La realizzazione del bilancio del capitale intellettuale (intellectual capital report) fornisce una risposta alle seguenti questioni:
1) Quali competenze ha sviluppato la mia azienda e quali occorre ancora sviluppare?
2) Qual è l'effetto di un miglioramento (o peggioramento) dell'immagine della mia azienda sulla capacità di attrarre nuovi clienti e di relazionarsi con gli stakeholders esterni?
3) Quale approccio culturale della mia azienda favorisce e supporta l'innovazione o tende ad ostacolarla?
4) Che tipo di impatto ha l'attività formativa nella mia azienda sulla riduzione del gap di competenze strategiche?
5) In quali rischi di perdita di patrimonio intellettuale interno ed esterno può incorrere la mia azienda?

…e persegue le seguenti finalità:
a) Monitorare i processi di costruzione/distruzione di valore aziendale.
b) Comunicare al mercato (stakeholders e shareholders) tale valore.
c) Monitorare la capacità competitiva prospettica dell'azienda (patrimonio di relazioni con il mercato, capacità di innovazione, competenze, knowledge).

La metodologia e lo strumento dell'"intellectual capital report" sono assolutamente coerenti con l'assunto che il successo di un'impresa dipende dal valore che essa esprime sul mercato tramite una crescita costante del capitale intellettuale, con la convinzione che questa sia l'unica strada per generare valore e ricchezza. Tale politica supportata da strumenti concreti come l'"intellectual capital report, è in grado di innescare un circolo virtuoso capace di moltiplicare il valore e, quindi, il successo dell'impresa.

Elearning e learning by doing

Elearning e learning by doing
(da redazione http://www.caosmanagement.it di aprile 2006)

I limiti dell'E-Learning sono piuttosto evidenti, l'80% dei partecipanti abbandona prima della fine del corso (fonte: Forrester Research), il livello di interattività tra docente e studente è molto spesso deludente, si è costretti ad acquistare al buio pacchetti preconfezionati, il docente si rivolge allo studente singolarmente e il senso del gruppo è inesistente.


"Nell'E-Learning non troviamo alcun valore per la nostra azienda", questa è l'opinione della maggior parte delle aziende italiane secondo la ricerca condotta da Assintel e Camera di Commercio nel 2004.


Nell'E-Learning prima si acquista e poi si verifica la qualità del corso, una formula di vendita talmente discutibile da evidenziare un mercato di truffati e truffatori; la truffa può essere evitata soltanto con corsi basati sulla simulazione di situazioni manageriali, sull'utilizzo delle tecniche di problem solving e di interattività: questo per sviluppare la capacità di lavorare in gruppo e di apprendere con la sperimentazione.

Un formatore non dovrebbe influenzare lo studente o trasferire concetti nella sua mente, ma fornire gli strumenti utili all'apprendimento.

Nel 2004 l'investimento nell'E-Learning è stato di 83,6 milioni di Euro (di cui il 35% grazie ai finanziamenti del FNSE), soltanto il 7% dell'investimento totale delle imprese in formazione!
I limiti dell'E-Learning sono palesati dal tipo di corsi che viene proposto: 43% corsi tecnici, 14% informatica, 7% lingue e soltanto il 4% di corsi manageriali, che costituiscono un'esigenza primaria per il nostro Paese, visti i limiti della classe dirigente.
Qualche mese fa abbiamo condotto un indagine a campione e riportiamo di seguito una delle interviste effettuate, abbastanza caratteristica.

Navigando sul sito elarning di una università siamo entrati nella chat, a cui possono accedere tutti senza essere registrati ed abbiamo intervistato Maria, una studentessa iscritta al primo anno della facoltà di Ingegneria informatica.
Maria, è laureata in medicina e lavora come medico, ha deciso di iscriversi nuovamente all'università per, come dice lei:" mantenere sempre allenato il suo cervello e perché era interessato alla ingegneria informatica".
Quindi, una volta raggiunta una indipendenza economica e una posizione stabile, ha deciso di iscriversi.
Il progetto Nettuno era quello che maggiormente si avvicinava alle sua esigenze di lavoratrice che non più andare in facoltà a seguire le lezioni e correre dietro ai professori per avere delle spiegazioni.
Le abbiamo posto alcune domande e dal momento che Maria era già passata per il tradizionale percorso di studi è stato possibile fare dei paragoni:

1 In cosa consiste l'attività e come viene svolta?
- Per le lezioni si seguono i video corsi. O li registri o chiedi il materiale in segreteria.
- Per i dubbi si contatta il forum tramite e-mail.
- Sul sito si trova tutto il materiale appunti del prof., temi degli esami svolti, dispense.
- Si possono avere anche dei contatti telefonici.
- Si ha accesso alle e-mail mandate dagli altri studenti che seguono il tuo stesso corso.
- Se non si è troppo distanti si possono seguire i tutorati delle lezioni dal vivo.

2 È come una università normale?
- Per quanto concerne gli esami è come una università normale.
- Gli esami si fanno all'università durante la sessione.
- L'esame è uguale a quello di chi frequenta normalmente.
- Sulla laurea non c'è mica scritto che l'hai presa a distanza.
- Non perdi tempo ad andare all'università se lavori o abiti lontano.

3 Studi da sola senza interagire con nessuno?
- In parte si.

4 Spiegami? Hai preparato un esame utilizzando la chat?
- Sulla chat non c'è quasi mai nessuno, scusate il gioco di parole, per questo finisco per chattare con gli altri studenti su Messanger (Microsoft)
- Se non lavori seguire l'università normale è più facile.
- Si interagisce di più seguendo i corsi tradizionali.
- Sta all'iniziativa del singolo creare gruppi, non riceviamo suggerimenti in proposito. Ma questo avviene anche nell'università tradizionale.
- Hai l'accesso alle e-mail degli studenti che stanno seguendo il tuo stesso corso, con cui puoi metterti in contatto. Di solito c'è molta disponibilità.

5 Costi?
- In un anno accademico ci sono più o meno 13 esami, dipende dalla facoltà, per uno che lavora è quasi impossibile darli tutti
- Hai la possibilità di iscriverti con un piano di studi ridotto ma ci metti più tempo a finire.
- Se mi iscrivessi ad una facoltà normale indipendentemente dagli esami che riesci a fare devi pagare tutto l'anno accademico.
- dipende dal piano di studi con Nettuno puoi iscriverti a meno corsi.
- Paghi un po' meno ma se li segui tutti bene o male il costo è lo stesso.

6 In chat non c'è mai nessuno?
- Diciamo che di giorno non c'è quasi mai nessuno, la sera è più facile trovare qualcuno.

7 Non c'è mai una chat con il docente?
- Si ci sono, dipende dalla facoltà .
- Se hai bisogno di un prof è più facile scrivere. Io ho mandato degli esercizio e lui me li ha corretti.


8 Cosa fa Nettuno? Qual è il suo ruolo?
- Nettuno è stato concepito per chi lavora.
- Fornisce le video lezioni, il piano di studi, iscrizione, dispense.
- La disponibilità di un professore è soggettiva come nelle università tradizionali, ma un minimo è sempre garantita.

9 Questo secondo te, e non so se lo conosci, può essere definito e-learning?
- Credo di si.

10 Hai mai sentito parlare di e-laerning all'interno del sito?
- Non mi sono mai posta il problema, non ci ho fatto caso.

11 Solo l'esame è un momento dal vivo?
- I momenti dell'esame sono dei momenti per incontrarsi dal vivo.
- E' difficile per chi lavora andare ai ricevimento dei professori.


12 I tutorati di cui mi parli sono dal vivo?

-Si, sono in facoltà.


13 Il materiale poi viene dato anche su internet?

- Si, comunque tramite i contatti e-mail, chi riesce a seguirli è disponibile a darti le dritte sull'esame che i prof. danno durante il tutorato.


14 Se uno potesse, potrebbe andare a seguire le lezioni?

- Certo quelle sono libere a tutti.


Alla fine, abbiamo potuto capire, in base alle risposte di Maria, che la metodologia è quasi del tutto uguale al modello tradizionale di università che tutti conoscono, (anzi, possibilmente ancora più scomoda). Il vantaggio è soprattutto quello di non dover andare a seguire le lezioni, cosa che può essere fatta anche nelle normali università.


Questo vuole essere solo un esempio, infatti il 50% delle università che dicono di aver introdotto al loro interno un offerta formativa basata sull'E-learning fanno in realtà E-reading, ossia sviluppano materiale didattico che viene distribuito on-line.


La cosa più grave è che questo avviene anche per quanto riguarda i corsi manageriali presentati sotto forma di E-learning ed innovativi, ed offerti alle aziende per la formazione del loro personale.

Molto spesso si sente dire che questo nuova organizzazione delle Università servirà a rendere disponibile al mercato del lavoro personale qualificato e pronto per essere subito inserito nel mondo del lavoro, per colmare il gap che molte imprese si trovano a dover affrontare quando ricercano personale. Ma non crediamo che sia questo il modo che vada incontro sia alle esigenze dei discenti che delle imprese, visto che la formazione continua ad essere molto teorica e per niente pratica e con un livello di interattività molto basso.Forse tale metodo può essere buono per una maggiore divulgazione del materiale didattico, ma non certo per migliorare il sistema universitario italiano.
Questa metodologia non è in grado di fornire alle imprese dei manager efficienti e pronti ad affrontare le numerose situazioni di cambiamento che caratterizzano la vita aziendale, visto che non hanno mai potuto sperimentare o simulare tale realtà, senza il timore di sbagliare.Non viene proposta una forma di apprendimento attivo, orientata al problem solving e allo sviluppo dello spirito di gruppo e dell'apprendimento collaborativo, come dovrebbe essere un corso per manager: assistiamo ad una semplificazione e ad una banalizzazione della formazione a distanza, che è utile solo se abbinata ad una sperimentazione pratica.


"learning by doing", ovvero dell'apprendimento tramite la pratica.

Quello che serve oggi alle aziende è un metodo nuovo che sviluppi e favorisca la cultura manageriale, ad ogni livello. Oggi le aziende hanno bisogno di questo approccio professionale che va dalla front line (i venditori) ai manager, agli amministrativi, per intenderci. Ritenere che questo nuovo approccio possa essere trasferito alle risorse umane nel modo tradizionale, vale a dire con i sistemi tradizionali di formazione, è una gran perdita di tempo e denaro.Per ottenere questo approccio è necessario capire che:
L'apprendimento continuo è la base del successo dell'impresa.
Il successo di un'impresa presuppone la capacità di perseguire con continuità e sistematicità i processi e gli obiettivi dell'impresa.


Le aziende che hanno successo adottano la Practice Simulation per favorire il miglioramento continuo, la condivisione degli obiettivi e del cosiddetto rischio imprenditoriale ma soprattutto per comprimere i costi, sia nel pubblico che nel privato.
Un ulteriore vantaggio di questa modalità formativa consiste nel fare tutto (o quasi) a distanza (e-learning), senza il consueto spostamento dall'azienda nel periodo di formazione.


Il "training by Practice simulation" permette di:
Agire in ambiente sicuro e privo di rischi Questo vuol dire che: gestirete un'azienda (virtuale) e concorrerete con le altre squadre/aziende iscritte nell'acquisizione delle più alte quote di mercato…
Impadronirsi non solo di conoscenze, ma soprattutto di esperienze


LA PRACTICE SIMULATION
Come funzionaIl corso, strutturato in Periodi Decisionali (riproduce altrettanti anni fiscali), dà la possibilità di acquisire esperienze "reali" sulla gestione strategica dI un'azienda virtuale, confrontandosi con le altre squadre/aziende iscritte e ovviamente supportati dai tutor di Gemini Europa.
Trasferire le esperienze acquisite nella realtà lavorativaLa facilità e l'estrema velocità con cui verrete relazionati (Report di Periodo - classifica di mercato- ricerca di mercato-quesiti) darà la possibilità di metabolizzare immediatamente le reazioni che le vostre scelte avranno sull'azienda che state gestendo.
Utilizzare modelli informatici concreti che simulano la realtàLa gestione di ogni squadra/azienda e la posizione di mercato acquisita scaturirà dalle vostre scelte strategiche ma anche, anzi soprattutto, dalle scelte delle altre squadre/aziende, come nella realtà…
Usufruire di metodi di apprendimento interattivoLo svolgimento del corso nella modalità "e-learning", tramite un sito dedicato, le chat di comunicazione con i tutor, il forum di approfondimento/confronto con le altre squadre darà la possibilità di sfruttare e conoscere i nuovi strumenti di comunicazione e di lavoro in ogni loro possibile applicazione.
Ottenere un feedback immediatoA prescindere dalle modalità di svolgimento della Practice (in vivo e in modalità e-learning), il feedback per i partecipanti sarà disponibile in tempi brevissimi. Ciò consentirà ai partecipanti di avere un riscontro immediato tra la loro strategia, i risultati ottenuti e il mercato.
La practice simulation si basa su un'analogia molto efficace:"I piloti sono addestrati e fanno esperienza sui simulatori di volo, perché un manager dovrebbe conoscere il proprio lavoro senza aver fatto alcuna pratica in ambiente sicuro e privo di rischi?"
In una realtà simulata tutti possiamo dimostrare le nostre abilità e capacità senza correre alcun rischio. Sbagliare è permesso, in quanto si impara dai propri errori. Questo è il principio del: LEARNING BY DOING.


I partecipanti ai corsi formano delle squadre da 2 a 5 persone e in qualità di manager interinali gestiscono una azienda virtuale, prendendo una serie di decisioni riguardo l'andamento dell'azienda.Il successo dipende dalle qualità imprenditoriali dimostrate.
Le fasi della simulazione comprendono dei Periodi Decisionali (equivalenti ad anni fiscali), divisi in Periodo di Prova e di Qualificazione, con una fase Finale svolta in una giornata con più Periodi Decisionali.
Durante il corso si verificano degli imprevisti ai quali i partecipanti devono fare fronte. I principali gruppi utilizzatori sono: aziende, enti locali, organizzazioni no-profit, studenti ed i neolaureati.


Business Simulation
E' un corso di formazione manageriale on line di tipo interattivo basato sulla "Practice Simulation", paragonabile ad un Master in Business Administration (MBA). I partecipanti sono coinvolti in una competizione a squadre, che permette loro di acquisire un'esperienza concreta di gestione aziendale.


Il gruppo target é' costituito da manager e aspiranti tali con un alto potenziale di crescita professionale.


Obiettivi

Il corso di Business Simulation è efficace e divertente al tempo stesso e permette ai partecipanti di acquisire una visione organica ed essenziale dell'operare di una impresa. Il corso consentirà quindi ai partecipanti di essere protagonisti di tutte le attività di una impresa e, in particolare, della pianificazione strategica e della realizzazione delle strategie prescelte.


Le attività dei partecipanti

All'interno delle aziende verranno formate delle squadre da 3/5 persone con il compito di gestire on-line un'azienda, competendo con altre squadre/aziende.
La concorrenza tra le squadre/aziende si svolge in un mercato virtuale, luogo della competizione (Gemini Europa mette a disposizione un sito WEB dedicato).
I partecipanti, in qualità di manager interinali, devono assumere una serie di decisioni riguardanti l'andamento dell'azienda. Il successo dipende dalle qualità imprenditoriali dimostrate.
Lo scopo è: raggiungere il maggior profitto, la più alta quota di mercato e l'ampia soddisfazione dei propri clienti e del personale.


La struttura del corso

E' organizzato in 9 Periodi Decisionali, ognuno dei quali rappresenta un anno fiscale. In ogni Periodo Decisionale le squadre devono compilare una Scheda Decisionale contenente una serie di decisioni di carattere gestionale nelle seguenti aree funzionali:
Marketing e ricerche di mercato;
Produzione;
Risorse umane;
Finanza;
Ricerca & Sviluppo;
Cooperazione con le altre aziende.


Alla fine di ciascun Periodo Decisionale (anno fiscale), la Scheda viene inviata, via Web a Gemini Europa. Dopo 24 ore Gemini Europa pubblicherà i risultati ottenuti di ciascuna squadra ed ha inizio automaticamente un altro Periodo Decisionale. Le valutazioni vengono realizzate sulla base di criteri predeterminati da un modello econometrico.


Il contesto simulato nel Business Simulation

I partecipanti operano al pari di una squadra dirigenziale di un'azienda operante nel mercato. Ad essi viene richiesto di affrontare problematiche reali alle quali devono corrispondere soluzioni applicabili alla realtà. Confrontando le proprie decisioni con i risultati ottenuti, i partecipanti sono in grado di apprendere dagli errori, migliorando così il proprio profilo personale e professionale. Il corso si svolge in un contesto sicuro, privo di rischi, in cui i partecipanti sperimentano idee, verificano nuovi scenari, operando concretamente, attuando strategie concorrenziali.


I compiti qualitativi

Durante il corso ogni squadra riceve alcuni incarichi supplementari, che vengono valutati da un pool di esperti. Gli incarichi possono consistere nella realizzazione di un Business Plan o di un Piano di Marketing, ecc. Il tutor Gemini Europa fornirà (via Web) alle squadre la struttura dei compiti e lo schema dei contenuti richiesti.Gli esercizi prevedono una valutazione che verrà aggiunta a quella generale.Essendo questa una edizione "flash" non si farà il compito qualitativo.
Gli imprevistiCome nella realtà, all'interno del corso possono sorgere alcuni imprevisti che i partecipanti devono fronteggiare (ad es.: uno sciopero nazionale, un competitore estero, etc. ). Tali imprevisti sono uguali per tutte le squadre e vengono comunicati sul sito.


L'analisi dei risultati

Alla fine di ciascun Periodo, ogni squadra riceve on-line una scheda contenente:
I risultati delle decisioni prese nei diversi settori;
Il resoconto dei profitti e delle perdite, il bilancio, il rapporto sulla liquidità;
Eventuali informazioni richieste.
Criteri di valutazioneI criteri di valutazione si baseranno sui seguenti indicatori:
Profitto per azione;
Soddisfazione dei clienti;
Quote di mercato;
Grado di soddisfazione del personale;
Valore di borsa.


Il materiale didattico

Durante il corso, i partecipanti avranno a disposizione, on-line:
Manuale del corso.
Scheda Decisionale da compilare sul sito alla fine di ogni Periodo Decisionale.
Scheda dei Risultati, da ricevere dopo ogni Periodo Decisionale.
La descrizione e lo schema del compito qualitativo.
Dispense di approfondimento.


Pensiero Sistemico: perché?

Pensiero Sistemico: perché?
(pubblicato su http://www.caosmanagement.it di aprile 2006)

Ogni cosa vien da ogni cosa, e d'ogni cosa si fa ogni cosa e ogni cosa torna in ogni cosa…
Leonardo da Vinci

LA COMPLESSITÀ
I problemi che l'umanità si trova a fronteggiare diventano sempre più resistenti alle soluzioni, in particolare alle soluzioni unilaterali.Si tratta di problemi complessi, ovvero che coinvolgono numerosi fattori economici, ambientali, tecnici, politici, sociali, morali: pertanto la soluzione, per essere efficace, deve tener conto di tutti questi aspetti, che interagiscono fra loro.
La tecnologia ci mette a disposizione potenti strumenti per effettuare interventi mirati: possiamo far crescere grano nel deserto dissalando l'acqua marina oppure distruggere con un missile a testata nucleare un asteroide che minaccia la Terra. Ma se proviamo ad affrontare un problema complesso da una sola angolazione, possiamo conseguire delle vittorie di Pirro, ossia ottenere un miglioramento locale, che sposta il problema da qualche altra parte, nel tempo o nello spazio.Trasferendoci dalle emergenze planetarie al nostro quotidiano, riscontriamo che anche la gestione delle nostre Aziende diventa sempre più complessa, per la globalizzazione dei mercati, per il tasso di aggiornamento delle tecnologie e per l'accelerazione dei cambiamenti sociali e politici.E quindi anche nel nostro lavoro ci imbattiamo spesso in problemi "resistenti" alle soluzioni specialistiche.

I LIMITI DELL'APPROCCIO SPECIALISTICO
L'approccio tradizionale ai problemi è di tipo meccanicistico: ovvero, un problema si analizza componendolo in parti sempre più piccole, in modo da poterne studiare le proprietà. Le parti sono la cosa più importante e da esse si risale alla comprensione del tutto.Questo orientamento ha guidato gran parte della scienza e della tecnologia nel nostro secolo; pertanto è profondamente radicato nel nostro modo di pensare.

Quando ci troviamo dinanzi ad un problema, focalizziamo l'attenzione sulla parte che non funziona e cerchiamo di ripararla, ricorrendo agli specialisti.
Questo atteggiamento ci porta ad effettuare interventi settoriali (non privi di efficacia), ma a ridurre la visione ad un orizzonte limitato. Questo approccio funziona bene quando il problema è circoscritto in un ambito ristretto, ma si rivela sempre meno efficace all'aumentare delle dimensioni spaziali e temporali, ossia della complessità.

"Essendo tutte le cose causanti e causate, aiutate e adiuvanti, mediate e immediate, e tutte essendo legate da un vincolo naturale e insensibile che unisce le più lontane e le più disparate, ritengo sia impossibile conoscere le parti senza conoscere il tutto, così come è impossibile conoscere il tutto senza conoscere particolarmente le parti."
Pascal

Il pensiero sistemico propone una nuova maniera di guardare il mondo e l'impresa, per cercare di dominarne meglio la complessità: considerare non gli elementi singoli ma l'insieme delle parti, intese come un tutto unico, concentrandosi sulle relazioni tra gli elementi piuttosto che sui singoli elementi presi separatamente.

Il guaio dei nostri tempi è che il futuro non è più quello di una volta.
Paul Valéry

Il Pensiero sistemico propone un approccio concreto e operativo particolarmente adatto alle organizzazioni.A differenza della Dinamica dei Sistemi, che è una disciplina specialistica, il Pensiero Sistemico può essere adottato proficuamente da tutti i manager, cioè dalle persone che prendono decisioni.Secondo molti questo approccio costituirà una caratteristica comune dei manager dei prossimi anni.
Questo approccio favorirà quanti, imprenditori, uomini d'azienda, quadri o manager, siano interessati a:
  • ampliare l'angolo di osservazione dei problemi, per cogliere aspetti che sfuggono ad un approccio specialistico;
  • affrontare con maggiore efficacia problemi interdisciplinari, da soli o in team;
  • migliorare la comprensione (individuale o collettiva) di un situazione complessa, mediante la rappresentazione delle cause strutturali sottostanti

L'applicazione delle costellazioni sistemiche permetterà di raggiungere , tra i possibili obiettivi:

  • scegliere nuovi collaboratori
  • illustrare gli effetti della riorganizzazione di un sistema
  • fornire strumenti al counselling e alla supervisione
  • migliorare la qualità della comunicazione
  • esaminare gli effetti dell'outsourcing
  • valutare il lancio di un nuovo prodotto
  • rendere più chiare le relazioni tra fornitori, azienda e clienti
  • supportare le decisioni
  • risolvere i conflitti nei team
  • facilitare la mediazione e la negoziazione
  • analizzare le implicazioni di nuovi contratti e proporre correttivi più vantaggiosi
  • generare nuove idee
  • sviluppare una nuova filosofia aziendale
  • esaminare ed elaborare le proprie convinzioni
  • facilitare l'apprendimento di competenze interculturali e di nuove lingue
  • proporre nuove soluzioni a consulenti o formatori e supervisionare il loro intervento
  • risolvere conflitti e problemi personali, di coppia e di gruppo
    I sistemi complessi sono dovunque (la nostra azienda, il nostro reparto, un ecosistema, l'economia mondiale, la nostra città, l'atmosfera terrestre,..) e noi stessi rappresentiamo forse il sistema più complesso dell'universo.I sistemi complessi, pur presenti negli ambiti più diversi (economico, aziendale, sociale, psicologico, biologico, fisico, ecc.), sono però governati tutti da alcuni principi di base, che vengono a comporre la "Scienza della Complessità".
    Giuseppe Monti

Direzione per obiettivi

Direzione Per Obiettivi è la traduzione di MBO (Management By Objective) che qualcuno ha suggerito di trasformare nell'equivalente MBT (Management By Terror), in italiano “direzione per paura”.

Quello che è profondamente controverso nella Direzione per Obiettivi è che questo sistema si concentra sul prodotto finale di una sequenza di attività, avvantaggia quindi le prestazioni a breve termine, elimina la pianificazione a lungo termine, introduce il timore di non farcela, alimenta la rivalità e ostacola il lavoro di gruppo. La Direzione per Obiettivi presuppone comunque una grande sicurezza nella determinazione delle previsioni. Nei periodi di grandi cambiamenti, come quello che stiamo attraversando, non solo in Italia, non è agevole fare previsioni. Stiamo assistendo a grandi cambiamenti in tutti i settori che interessano la vita delle imprese: finanza, tecnologia e mercato. E' tempo quindi di grandi cambiamenti anche nella gestione delle imprese: avranno probabilità di permanere solo quelle imprese che avranno imparato a vivere in maniera dinamica, capaci di grande flessibilità organizzativa e che sapranno adattarsi rapidamente per affrontare le nuove sfide del mercato. Gestire nel cambiamento vuole dire quindi per un imprenditore/manager prima di tutto non dare niente per scontato ed acquisito: tutti quelli che erano considerati i punti fermi di una gestione professionale hanno o stanno dimostrando le loro debolezze. Grandi imprese a livello mondiale, che si pensava solidissime ed eterne, gestite seguendo tutte le più moderne e studiate regole del management, sulla cui storia organizzativa sono stati scritti volumi ancora oggi studiati nelle migliori scuole ed università del mondo, sono oggi in crisi. E questo in tutti i settori: l'informatica, l'elettronica, la meccanica, l'energia, i trasporti .......

Non è quindi più possibile adottare dei modelli organizzativi e gestionali sicuri e collaudati; non è quindi più possibile seguire regole fisse.

E’ per questo che la Direzione per Obiettivi, non è più adatta ai nostri tempi e va sostituita con una Direzione per Processo MBP (Management By Process) i cui principi generali sono:

v fornire qualità;
v aggiungere al prodotto un servizio eccellente;
v pensare in termini internazionali;
v apprendere dal mercato;
v valorizzare la forza vendita;
v decidere pensando al cliente;
v delegare la soluzione dei problemi;
v curare la selezione e la formazione;
v capovolgere la piramide;
v eliminare il più possibile le regole burocratiche;
v favorire le nuove idee;
v essere dove è l'azione;
v introdurre sistemi di misura dove possibile;
v rompere il segreto;
v creare entusiasmo;
v stabilire obiettivi ragionevoli e condivisi;
v velocizzare il passaggio dall'idea al prodotto;
v incentivare;
v adottare il marketing per passa parola;
v stabilire per tutti alti livelli di integrità.

E’ questo il dibattito aperto nelle Scuole di management a livello internazionale.