Conflitti organizzativi
Volendo tentare una definizione del termine conflitto organizzativo si può dire che, in generale, è l’interferenza intenzionale di una persona o di un gruppo nel raggiungimento di determinati obiettivi da parte di altri individui o gruppi. Pertanto se gli obiettivi delle due controparti sono incompatibili fra loro, il successo dell’uno comporta l’insuccesso dell’altro. Il conflitto non va confuso con la competizione, dove ciascuna delle due parti mira al successo senza per questo contrastare, entrando in conflitto, l’altra parte in gioco. Nella competizione ciascuno fa del proprio meglio senza per questo ostacolare gli altri.
Nel caso degli ambienti organizzativi, le interdipendenze presenti all’interno delle aziende le rendono più frequentemente teatro di conflitti che non di competizioni. I conflitti si manifestano all’interno dei rapporti di potere: semplificando possiamo dire che il potere è la capacità di ottenere che le cose vengano fatte nel modo desiderato. Pertanto l’interferenza rappresentata dal conflitto può sussistere solo come esercizio del potere. L’autorità può essere vista come fonte di potere e, di conseguenza, di possibile conflitto.
E’ abbastanza facile individuare quali sono le aree dell’organizzazione dove è probabile si manifesti un conflitto o dove esso si trovi allo stato “potenziale”. Più difficile è prevederne l’insorgere effettivo, cioè sapere quando e come il conflitto si accenderà. Il conflitto opera in modo dinamico attraverso stadi successivi e la causa scatenante può spesso essere di lievissima entità.
Si possono distinguere due tipi di origini, le origini organizzative e gli stati di conflittualità pregressa.
La natura dei conflitti, invece, è da ricercarsi sia nello scontro fra personalità diverse, sia nella ricerca dinamica di assetti di potere all’interno dei livelli e delle funzioni in cui si articola la struttura. Più in generale, si può affermare che alla base dei conflitti organizzativi esistono talvolta condizioni oggettive di differente mentalità, cultura, approccio al processo decisionale dovute alla suddivisione di responsabilità.
Abbiamo avuto modo di dire che la scomposizione degli obiettivi generali in sotto-obiettivi funzionali fra enti che operano in condizioni di interdipendenza e sequenzalità del flusso, rappresenta il presupposto per una eventuale conflittualità nei rapporti organizzativi orizzontali.
Per fare un esempio, un obiettivo di fatturato e di redditività delle vendite chiama in causa le funzioni Acquisti (per il costo delle materie approvvigionate), Produzione (per la corretta ed efficiente gestione dei fattori tecnico-produttivi), Marketing (per la definizione del prodotto, la scelta dei canali e la fissazione del prezzo), Commerciale (per le vendite e la penetrazione operativa sui clienti, Amministrazione (per la politica dei pagamenti-incassi). Ogni responsabile di funzione può vedersi assegnare verticalmente gli obiettivi di funzione, ma è evidente che in condizioni di difficoltà o di imprevisti esterni la suddivisione dell’onere e del contributo risolutivo viene affidata alle capacità di trattativa e di relazione dei singoli responsabili.
Le basi e le chiavi di lettura per la comprensione e la soluzione dei conflitti possono essere ricercate in una serie ricorrente di fattori. Situazioni di potenziale conflitto possono manifestarsi ad esempio:
- nel dualismo esistente fra responsabili anziani, psicologicamente più pronti al mantenimento dello status quo, e responsabili giovani, più istintivamente favorevoli all’innovazione ed al cambiamento;
- fra organi di linea ed organi di staff per l’interpretazione del ruolo e la volontà di influenzare scelte ed attivare cambiamenti;
- fra responsabili di unita interne all’ambiente ( Produzione) ed unità di confine con l’esterno (Commerciale, Acquisti), portate ad operare e conservare stabilità i primi, propensi ad orientarsi in funzione delle condizioni esterne i secondi.
Il giudizio generalmente negativo che viene attribuito ai conflitti è dovuto alla natura storicamente distruttiva da essi manifestata. Da un punto di vista etico, il conflitto è il modo attraverso cui si attuano i cambiamenti e con cui i gruppi di minoranza manifestano la propria avversione e opposizione verso la maggioranza e lo status quo.
Positivamente percepiti, i conflitti sono presupposti per evidenziare i problemi e sollecitarne la soluzione attraverso un processo di cambiamento. Negativamente intesi, i conflitti sono fonte di inefficienza per mancanza di cooperazione nel processo di produzione economica e vanno soffocati in quanto fonte di ostilità e di instabilità interna.
Nel caso degli ambienti organizzativi, le interdipendenze presenti all’interno delle aziende le rendono più frequentemente teatro di conflitti che non di competizioni. I conflitti si manifestano all’interno dei rapporti di potere: semplificando possiamo dire che il potere è la capacità di ottenere che le cose vengano fatte nel modo desiderato. Pertanto l’interferenza rappresentata dal conflitto può sussistere solo come esercizio del potere. L’autorità può essere vista come fonte di potere e, di conseguenza, di possibile conflitto.
E’ abbastanza facile individuare quali sono le aree dell’organizzazione dove è probabile si manifesti un conflitto o dove esso si trovi allo stato “potenziale”. Più difficile è prevederne l’insorgere effettivo, cioè sapere quando e come il conflitto si accenderà. Il conflitto opera in modo dinamico attraverso stadi successivi e la causa scatenante può spesso essere di lievissima entità.
Si possono distinguere due tipi di origini, le origini organizzative e gli stati di conflittualità pregressa.
La natura dei conflitti, invece, è da ricercarsi sia nello scontro fra personalità diverse, sia nella ricerca dinamica di assetti di potere all’interno dei livelli e delle funzioni in cui si articola la struttura. Più in generale, si può affermare che alla base dei conflitti organizzativi esistono talvolta condizioni oggettive di differente mentalità, cultura, approccio al processo decisionale dovute alla suddivisione di responsabilità.
Abbiamo avuto modo di dire che la scomposizione degli obiettivi generali in sotto-obiettivi funzionali fra enti che operano in condizioni di interdipendenza e sequenzalità del flusso, rappresenta il presupposto per una eventuale conflittualità nei rapporti organizzativi orizzontali.
Per fare un esempio, un obiettivo di fatturato e di redditività delle vendite chiama in causa le funzioni Acquisti (per il costo delle materie approvvigionate), Produzione (per la corretta ed efficiente gestione dei fattori tecnico-produttivi), Marketing (per la definizione del prodotto, la scelta dei canali e la fissazione del prezzo), Commerciale (per le vendite e la penetrazione operativa sui clienti, Amministrazione (per la politica dei pagamenti-incassi). Ogni responsabile di funzione può vedersi assegnare verticalmente gli obiettivi di funzione, ma è evidente che in condizioni di difficoltà o di imprevisti esterni la suddivisione dell’onere e del contributo risolutivo viene affidata alle capacità di trattativa e di relazione dei singoli responsabili.
Le basi e le chiavi di lettura per la comprensione e la soluzione dei conflitti possono essere ricercate in una serie ricorrente di fattori. Situazioni di potenziale conflitto possono manifestarsi ad esempio:
- nel dualismo esistente fra responsabili anziani, psicologicamente più pronti al mantenimento dello status quo, e responsabili giovani, più istintivamente favorevoli all’innovazione ed al cambiamento;
- fra organi di linea ed organi di staff per l’interpretazione del ruolo e la volontà di influenzare scelte ed attivare cambiamenti;
- fra responsabili di unita interne all’ambiente ( Produzione) ed unità di confine con l’esterno (Commerciale, Acquisti), portate ad operare e conservare stabilità i primi, propensi ad orientarsi in funzione delle condizioni esterne i secondi.
Il giudizio generalmente negativo che viene attribuito ai conflitti è dovuto alla natura storicamente distruttiva da essi manifestata. Da un punto di vista etico, il conflitto è il modo attraverso cui si attuano i cambiamenti e con cui i gruppi di minoranza manifestano la propria avversione e opposizione verso la maggioranza e lo status quo.
Positivamente percepiti, i conflitti sono presupposti per evidenziare i problemi e sollecitarne la soluzione attraverso un processo di cambiamento. Negativamente intesi, i conflitti sono fonte di inefficienza per mancanza di cooperazione nel processo di produzione economica e vanno soffocati in quanto fonte di ostilità e di instabilità interna.
Etichette: conflitto organizzativo, direzione, gestione imprese, organizzazione, PMI
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