consulenza manageriale

sabato, giugno 21, 2008

I fattori di competitività nell’internazionalizzazione

Una impresa che si limiti ad esportare in maniera saltuaria ed attendendo che le richieste le arrivino attraverso intermediari può in effetti considerare il mercato estero come un mercato interno alla stregua di quello dell’UE, o addirittura come un cliente in più, ovviamente attrezzandosi a livello logistico e doganale per i mercati terzi.

Un'impresa che invece ha intenzione di perseguire una politica di espansione internazionale deve muoversi in altro modo.
Dopo aver verificato che esistono possibilità dì vendere in uno o più mercati esteri, l’impresa deve chiedersi se dispone delle risorse umane, finanziarie e tecniche per raggiungere gli obiettivi prefissati, tenuto conto degli strumenti di supporto all’internazionalizzazione previsti dal MAP e dalla Simest S.p.A.
Un’impresa che voglia effettivamente svolgere una strategia di lungo termine sui mercati esteri deve innanzitutto dare ad essa una priorità assoluta negli obiettivi dell'azienda.
Questo vuol dire che nell' attività devono essere coinvolte tutte le funzioni dell'azienda dalla produzione al personale, dall’amministrazione alla ricerca e sviluppo, e non solo il marketing. In effetti, per svolgere un’azione efficace ed effettiva sui mercati esteri, è necessario nella formulazione delle strategie di marketing che venga coinvolta completamente la Direzione dell'impresa.
La decisione di avviare una politica di penetrazione nei mercati esteri comporta sempre un salto di qualità nelle strategie dell'impresa.

Per realizzare quindi una politica di penetrazione nei mercati esteri, la Direzione dell’impresa deve preoccuparsi di diffondere a tutti i livelli della struttura organizzativa alcuni principi fondamentali.

1. Il primo principio è che sui mercati internazionali è necessario essere in grado di offrire quello che viene richiesto dal mercato, e che quindi la conoscenza del mercato è un fatto di primaria importanza. Questo principio è naturalmente già diffuso nelle aziende market oriented e nelle aziende che hanno già un'esperienza sui mercati esteri, specie da quando ai consumatori si deve garantire anche la durata nel tempo, la dilazione di pagamento, l’assistenza tecnica, i ricambi.

2. Il secondo principio che la Direzione dell’impresa deve prima possedere e poi diffondere tra tutti i suoi collaboratori è quello di essere aggressivi. Operare all'estero vuol dire confrontarsi con concorrenti agguerriti e preparati e quindi non ci si può permettere di essere indecisi e lenti. Quindi la struttura organizzativa deve essere aggressiva, ma sopratutto devono essere aggressive le persone che operano all'estero per conto dell'impresa, sapendo che una volta proposte di norma non devono essere rimosse, perché il preposto una volta accettato rappresenta il viso dell’azienda preponente.

3. Il terzo principio è non avere fretta. È il principio più difficile da seguire, poiché in generale la Direzione di un'impresa ha necessità di raggiungere gli obiettivi in breve tempo. Ciò non è possibile nel marketing internazionale: per conquistare un mercato estero occorre del tempo e quindi occorre tenacia, continuità e pazienza. A volte è necessario accettare piccoli ordini di prova prima di poter dire di aver acquisito un solo cliente su un mercato estero e soprattutto occorre tener conto che le esportazioni spesso avranno luogo in conto commissione e in conto deposito, con prezzo anche a fare (per esempio nel caso degli alimentari freschi), connessa, nel caso di beni strumentali e durevoli, alle vendite del fruitore che con gli incassi può a sua volta pagare il dovuto.
Per vendere all’estero occorre inoltre cercare di operare sempre con serietà e correttezza e tener fede agli impegni presi in ogni circostanza.

Etichette: , , , ,