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venerdì, dicembre 02, 2005

La teoria dell’apprendimento degli adulti: l’andragogia - Maggio 2002

Malcom Knowles può essere collocato tra i più noti studiosi dell’apprendimento adulto.
Punto iniziale del suo modello è la considerazione degli adulti come learners (soggetti in apprendimento) con le loro specifiche prospettive individuali. Andragogia è per Knowles il corpo delle conoscenze riguardante i discenti adulti in modo parallelo e distinto rispetto al modello pedagogico dell’apprendimento infantile.

L’obiettivo dell’insegnamento-apprendimento viene definito come progressiva acquisizione di autonomia da parte degli individui, sia per svolgere i ruoli propri delle diverse fasi della vita (bisogno di imparare), sia per imparare ad imparare (self directed learning).[1]

Affinché si possa sviluppare apprendimento in età adulta è necessaria una duplice conoscenza: quella delle caratteristiche degli adulti come soggetti, tentando di individuare come l’adulto impara e quella dei comportamenti che devono o possono essere attivati per promuovere e conseguire il risultato dell’apprendimento.
Knowles cerca di formulare una teoria dell’apprendimento degli adulti tenendo conto degli esperimenti e delle ricerche sulle caratteristiche specifiche che presentano i soggetti adulti. Knowles identifica le differenziazioni del modello andragogico rispetto a quello pedagogico sulle base di sei presupposti (core principles).

· Il bisogno di conoscere:
gli adulti sentono l’esigenza di sapere perché occorra apprendere qualcosa e a cosa possa servire. Gli individui sentono l’esigenza di sapere perché occorra apprendere qualcosa, prima di intraprendere l’apprendimento. Di conseguenza “uno dei nuovi aforismi della formazione degli adulti è che il compito del facilitatore di apprendimento è di aiutare i discenti a prendere coscienza del “bisogno di conoscere” Inoltre tale consapevolezza può essere accresciuta dalle esperienze reali o simulate in cui i discenti scoprono da soli il divario tra il punto in cui sono attualmente e quello dove vogliono arrivare”.[2]

· Il concetto di sé:
il concetto di sé, nel bambino, è basato sulla dipendenza da altri. Il concetto di sé nell’adulto è vissuto come dimensione essenzialmente autonoma: “profondo bisogno psicologico di essere percepito come indipendente ed autonomo dagli altri”[3]. Di conseguenza se l’adulto si trova in una situazione in cui non gli è concesso di autogovernarsi, sperimenta una tensione tra quella situazione e il proprio concetto di sé: la sua reazione tende a divenire di resistenza.

· Il ruolo dell’esperienza precedente:
nell'educazione dell'adulto ha un ruolo essenziale l'esperienza, sia come attività di apprendimento sia come pregresso talvolta negativo che costituisce una barriera di pregiudizi e abiti mentali che fa resistenza all'apprendimento stesso. L’esperienza precedente dell’adulto costituisce allo stesso tempo una base sempre più ampia a cui rapportare i nuovi apprendimenti. In altre parole il nuovo apprendimento deve integrarsi in qualche modo con l’esperienza precedente. L’esperienza porta le persone ad essere sempre più diverse l’una dall’altra: perfino lo stile cognitivo cambia per effetto delle esperienze fatte. “Qualsiasi gruppo di adulti sarà più eterogeneo - in termini di background, stile di apprendimento, motivazione, bisogni, interessi e obiettivi - di quanto non accada in un gruppo di giovani. Ciò significa che in molti casi le risorse di apprendimento più ricche risiedono nei discenti stessi. Di qui la maggiore enfasi posta nella formazione degli adulti sulle tecniche esperienziali - tecniche che si rivolgono all’esperienza dei discenti, come discussioni di gruppo, esercizi di simulazione, attività di problem solving, metodo dei casi e metodi di laboratorio - rispetto alle tecniche trasmissive. Di qui, anche la maggiore enfasi sulle attività di aiuto tra pari”.[4]

· La disponibilità ad apprendere:
l’adulto ha una disponibilità ad imparare mirata e quindi in un certo senso più limitata: la sua disponibilità e cioè rivolta solo a ciò di cui sente il bisogno per i crescenti compiti che deve svolgere per realizzare il proprio ruolo sociale come ad esempio il ruolo professionale lavorativo. Gli adulti sono disponibili ad apprendere ciò che hanno bisogno di sapere e di saper fare per far fronte efficacemente alla situazione della loro vita reale.

· L’orientamento verso l’apprendimento:
l’orientamento verso l’apprendimento negli adulti è centrato sulla vita reale. “Gli adulti sono motivati ad investire energia in misura in cui ritengono che questo potrà aiutarli ad assolvere dei compiti o ad affrontare i problemi che incontrano nelle situazioni della loro vita reale”. [5]Infatti essi apprendono nuove conoscenze, capacità di comprensione, abilità, valori, atteggiamenti molto più efficacemente quando sono presentati nel contesto della loro applicazione alle situazioni reali. In altri termini la prospettiva è quella di una immediata applicazione di quanto appreso. Gli adulti sono motivati ad investire energia nella misura in cui ritengono che questo potrà aiutarli ad assolvere dei compiti o ad affrontare problemi con cui devono confrontarsi nelle situazioni della loro vita reale.

· Motivazione:
relativamente agli adulti le motivazioni più potenti sono le pressioni interne: il desiderio di una maggiore soddisfazione nel lavoro, l’auto-stima, la qualità della vita. “Benchè gli adulti rispondano ad alcuni moventi esterni (lavoro migliore, promozioni, retribuzione più alta), le motivazioni più potenti sono le pressioni interne”.[6]

Knowles illustra come l’applicazione ti tali presupposti implichi un nuovo modello di progettazione e conduzione di programmi di formazione degli adulti nonché una nuova figura di docente.

Un modello andragogico per la formazione
Sulla base delle caratteristiche specifiche che presentano i soggetti adulti, Knowles cerca di formulare un modello unificato che a suo avviso può incorporare principi e metodologie provenienti da varie teorie mantenendo comunque la sua integrità.
Il modello andragogico è per Knowles un modello di processo, a differenza dei modelli di tipo contenutistico impiegati dalle maggior parte dei formatori tradizionali. “La differenza non è che uno si occupa dei contenuti e l’altro no; la differenza è che il modello contenutistico si occupa di trasmettere informazioni e abilità, mentre il modello di processo si occupa di fornire procedure e risorse per aiutare i discenti ad acquisire informazioni e abilità”.[7] Ciò favorisce la capacità di apprendimento autodiretto e di acquisizione di competenze. Nel modello andragogico è centrale il richiamo alla responsabilità del discente e alla condivisione del progetto (contratto di apprendimento).

Gli elementi fondamentali del modello andragogico vengono qui di seguito riportati.

· Assicurare un clima favorevole all’apprendimento: relativamente all’ambiente fisico, all’accessibilità delle risorse materiali e umane e al clima umano e interpersonale .

· Creare un meccanismo per la progettazione comune: un aspetto della prassi formativa che differenzia più nettamente la scuola pedagogica (“insegnare”) da quella andragogica (“facilitare l’apprendimento”) è il ruolo del discente nella pianificazione. Nel primo caso la responsabilità della programmazione è attribuita quasi esclusivamente a una figura di autorità (insegnante, esperto di programmazione, istruttore). Una delle scoperte fondamentali della ricerca applicata sul comportamento degli adulti è che le persone tendono a sentirsi impegnate in una decisione o in una attività in diretta proporzione alla loro partecipazione o influenza sulla sua progettazione e sul processo decisionale che la riguarda.

· Diagnosticare i bisogni di apprendimento: elaborando un modello del comportamento, della performance o delle competenze desiderate. Da qui un bisogno di apprendimento può essere definito come la discrepanza o il divario esistente tra le competenze definite nel modello e il loro livello di sviluppo attuale nei discenti. Secondo l’andragogia, l’elemento critico nella valutazione di questi divari è la percezione che gli stessi discenti hanno della discrepanza tra la situazione attuale e quella che vogliono (ed hanno bisogno di) raggiungere. Il passo conclusivo è quindi la formulazione degli obiettivi scelti dal discente stesso in quanto rispondenti ai bisogni formativi auto-diagnosticati.

· Progettare un modello di esperienze di apprendimento: in cui gli individui potrebbero usare l’intera gamma di risorse umane (esperti, docenti, colleghi) e materiali (pubblicazioni, dispositivi e software per l’istruzione programmata, e mezzi audiovisivi) in maniera autonoma. Ciò presuppone che un alto grado di responsabilità per l’apprendimento sia assunto dal discente.

· Mettere in atto il programma (gestire le attività di apprendimento). Il fattore cruciale per il funzionamento del programma è la qualità dei docenti: il formatore non è colui che impartisce delle conoscenze ma è il “facilitatore del processo di apprendimento”. Egli diviene un organizzatore di risorse al servizio del discente.

* Valutare il programma: inteso come la re-diagnosi di apprendimento da parte dei soggetti in formazione che riesaminano modelli di competenze desiderati per rivalutare le discrepanze tra il modello e i loro nuovi livelli di competenze.

Quanto detto finora ci permette di affermare che Knowles mette esplicitamente in discussione la tradizionale distribuzione di ruoli di potere tra i famosi vertici del triangolo committente-formatore-partecipante.
Propone il coinvolgimento diretto, anzi assegna un ruolo decisionale, ai soggetti dell’apprendimento in tutte le fasi del processo, a cominciare dalla determinazione degli obiettivi. Rivaluta tra le risorse dell’apprendimento, aspetti scontati come l’esperienza, ma anche altri che lo sono di meno come lo stato emotivo e affettivo degli individui, le loro reciproche interazioni e quelle con il contesto tanto di lavoro quanto di vita.

“La posizione di Knowles, ove applicata coerentemente (e a noi piacerebbe che lo fosse in modo esteso, nelle aziende e fuori, prima e dopo di esse) rivoluziona di fatto la prassi formativa tradizionale e ancora largamente diffusa, in una direzione che i più avanzati educatori stanno già dichiarando (in molti) e sperimentando (in pochi): quella di una formazione rivolta all’uomo e alla donna interi; all’individuo in rapporto risolto con il suo lavoro, homo oeconimicus, certo, ma anche individuo carico di una sua propria storia, di una sua esperienza, di sue idee convinzioni esperienze, di affetti bisogni motivazioni interessi e perché no doveri.”[8]

Note
[1] M. Knowles, Quando l’adulto impara, Franco Angeli, Milano, 1996.
[2] M. Knowles, Quando l’adulto impara, op.cit., p. 77
[3] Ibid., p. 78.
[4] Ibid., p. 79.
[5] Ibid., p. 80.
[6] Ibid., p. 82.
[7] Ibid., p. 138.
[8] D. Bellamìo, Prefazione all’edizione italiana di M. Knowles, Quando l’adulto impara, op. cit., p. 14.