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lunedì, dicembre 19, 2005

La teoria del Caos - Dicembre 2003

Il contenuto che segue non ha, e come potrebbe averlo visto che parliamo di caos, un filo logico coerente e lineare. Si tratta infatti di ricordi di antiche letture, così come ritornano alla mente, e di recenti esplorazioni su siti web che in qualche modo trattano l’argomento del caos da svariati punti di vista: meteorologia, arte, letteratura, pittura, medicina, filosofia, storia, matematica, fisica ed altro.
E’ possibile far risalire agli inizi del ‘900 uno stretto legame tra i profondi cambiamenti negli stili di vita e la nascita di un nuovo concetto di spazio, tempo, materia ed energia.
L’uso del telegrafo, del telefono e della radio, e dunque la possibilità di comunicazioni in "tempo reale", favorisce lo sviluppo del concetto di simultaneità; il concetto di velocità ed il rapporto spazio-tempo sono influenzati fortemente dall’impiego di macchine (automobili, treni ed aerei) che consentono spostamenti rapidi. La seconda rivoluzione industriale e il rapporto sempre più stretto tra scienza e tecnica provoca un radicale cambiamento nel rapporto tra l’uomo e la natura, lo scenario urbano subisce delle trasformazioni sostanziali: folla, illuminazione e tram elettrici, moderne architetture di vetro e acciaio divengono simbolo della modernità. A questo cambiamento nella percezione del mondo contribuisce anche quella che è stata definita una "seconda rivoluzione copernicana", proprio per sottolinearne la radicalità e la conseguente revisione di tutto il pensiero scientifico.
Con Copernico l’uomo non è più al centro del cosmo, crolla l’antropocentrismo, con Darwin l’uomo scopre di essere geneticamente correlato alla sua origine animale e con Freud gli si rivela che non domina neppure la propria coscienza.
Sono tante le idee, le scoperte scientifiche, le intuizioni all’inizio del ‘900:
- Bohr (1885 - 1962) e Planck (1858 - 1947) scoprono che l’atomo non è la componente fondamentale della materia e che le unità elementari dell’universo, i quanti, sono variabili, discontinui, e quindi si comportano secondo leggi che mutano; da qui si conclude che lo scienziato non è più in grado di definire regole stabili di funzionamento dell’universo e può solo cogliere ricorrenze statistiche e fare ipotesi basate sul calcolo delle probabilità.
- Heisenberg (1901 - 1976) con il suo "principio di indeterminazione" afferma che nella microfisica i fenomeni che ancora devono essere contemplati non possono essere esaminati con le stessi leggi che governano quelli già osservati, perché ogni campo di osservazione si modifica in rapporto all’osservatore.
- Spazio e tempo, categorie assolute per Newton, sono per Einstein intimamente legati, tanto che l’uno è sempre traducibile nei termini dell’altro: lo spazio non è più considerato secondo uno schema geometrico astratto, ma in rapporto alla densità media delle masse dell’universo e il tempo è considerato in relazione al moto; spazio e tempo dipendono dai sistemi di riferimento prescelti e costituiscono una struttura unica.
- Poincarè (1854 - 1912), riprendendo l’elaborazione ottocentesca di geometrie non euclidee, dimostra che anche la matematica, anzi tutta la scienza si fondano su principi assolutamente non eterni e incontrovertibili, ma semplice frutto di convenzioni. Sono pertanto possibili molteplici sistemi di principi basilari, o postulati, su cui edificare con rigore la conoscenza scientifica; ne consegue che lo scienziato non è strumento di passiva registrazione di dati oggettivi, ma soggetto creativo e attivo nella costruzione della scienza.
- per Bergson (1859 - 1941) il tempo da misura oggettiva e progressione lineare diviene manifestazione della interiorità del soggetto in cui sono compresenti passato, presente, futuro; quello che siamo, lo diventiamo non solo nel tempo, ma grazie al tempo; noi siamo il prodotto non solo di tutti i momenti della nostra vita, ma degli aspetti nuovi che ogni momento acquista col passare del tempo. Dunque per Bergson la conoscenza è soprattutto un fatto oggettivo che si trasforma col tempo.
- Freud (1856 - 1939) fa crollare l’idea della razionalità oggettiva come perno dell’agire umano; egli, postulando l’esistenza dell’inconscio, distrugge la certezza che ciascuno abbia un carattere definito stabile, e conoscibile: ogni individuo, viceversa, ha una natura multipla, spesso imprevedibile, contraddittoria e quindi non sa chi è e non può pianificare la sua azione nel mondo.
In sintesi agli inizi del ‘900 vengono messe in crisi la concezione unitaria ed oggettiva dell’universo, la possibilità di quantificare e conoscere i fenomeni in modo approfondito e sicuro; i principi fisici e le formule matematiche, con cui si pretendeva di spiegare il mondo, la concezione meccanicistica della natura. Cadono così sia la fiducia nell’osservazione oggettiva dei fenomeni, poiché ogni osservazione altera il loro svolgimento, sia il presupposto deterministico di poter predire con precisione gli stati futuri di un sistema fisico, conoscendone le condizioni di partenza.
Un segnale visibile di questa rivoluzione è l’utilizzo, sia pure incorretto scientificamente, della frase “tutto è relativo” divenuta un luogo comune, che esprime il sentimento di smarrimento anche dell’uomo comune di fronte ad una scienza che distrugge la precisione dello “universo/orologio” di Newton in una miriade di punti di riferimento distinti, uno per ogni "osservatore", ciascuno ugualmente valido e rigoroso.
Altri segnali provengono in questo periodo dall’arte, in tutte le sue manifestazioni, sempre pronta a cogliere e ad anticipare i cambiamenti. E di questo diremo più avanti.