Il significato di Knowledge Management – La gestione della conoscenza nelle organizzazioni - Novembre 2003
Tra gli studiosi che si sono occupati maggiormente di come rendere più efficace il processo di Knowledge Management, all’interno delle organizzazioni, spicca il nome di Ikujiro Nonaka, professore alla Barkley University e precursore di una ampia schiera di autori giapponesi che hanno affrontato questo argomento, come Kazuo Inumaru e Yogesh Malhotra.
Dallo stesso Malhotra possiamo trarre una prima riflessione sul significato di KM, che sottolinea il necessario legame tra tecnologia e capacità umana nella riuscita di un’efficace gestione della conoscenza all’interno di un’organizzazione: “il Knowledge Management risolve le questioni critiche dell’adattamento, della sopravvivenza e delle competenze delle organizzazioni, di fronte a cambiamenti ambientali sempre più discontinui".
In sostanza, riguarda quei processi organizzativi che uniscono la capacità di combinare i dati ed elaborare le informazioni, con la creatività e la capacità di innovare degli esseri umani”19.
Kazuo Inumaru, poi, ci suggerisce questa definizione di KM e del suo ruolo nel processo di creazione di valore e nell’incremento della produttività in un‘impresa: “La conoscenza è diventata una parola chiave per il managememnt. In passato le risorse di cui un’azienda doveva disporre erano tradizionalmente tre: persone, denaro, impianti. Oggi la conoscenza, definita come informazioni che hanno valore, è considerata una risorsa che coordina le altre tre, fornendo un valore aggiunto utile per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Questo modo di ottenere nuovo valore consiste nell’integrazione e nella condivisione sistematica delle conoscenza che ogni dipendente ha con quelle dell’organizzazione".
Chiamiamo Knowledge Management la metodologia di gestione della conoscenza. Lo scopo consiste nell’incrementare la competitività aziendale attraverso una gestione del processo più consapevole e controllata. In un’azienda dove il KM funziona bene, i lavoratori condividono le conoscenze provate valide dall’esperienza e il Know How che hanno ottenuto sul lavoro contribuendo così a incrementare la produttività e la competitività”20.
Come detto, Inumaru si ispira al modello di Knowledge Management elaborato da Ikujiro Nonaka e le fondamenta di questo modello sono: costruire informazioni con un valore e condivise da tutta l’organizzazione, “la conoscenza, a differenza delle informazioni, riguarda le convinzioni e il coinvolgimento”21.
La conoscenza, continua Inumaru, può suddividersi in “ciò che è individuale, soggettivo ed empirico (esperienziale) e ciò che è sociale, oggettivo e teorico, ”, in altre parole, riprendendo quanto teorizzato da M. Polany, la conoscenza può essere “esplicita” o “tacita”22.
Quest’ultima, secondo Nonaka, è "highly personal and hard to formalize, making it difficult to communicate or to share with others"23.
Questa distinzione, però, non impedisce ad entrambe le tipologie di conoscenza di interagire tra loro nello svolgersi dei processi aziendali, cosicché “la conoscenza, seguendo questo processo progressivo, cresce e matura da individuale a organizzativa”.
Dalla teoria di Nonaka, inoltre, possiamo ricavare quattro tipologie di KM
· “Kaizen: Competenza nell’incrementare l’efficienza nella gestione delle attività aziendali, condividendo e utilizzando il patrimonio della conoscenza”;
· Incremento di valore: La generazione di profitto attraverso il patrimonio della conoscenza;
· Concentrazione di risorse: La concentrazione organizzativa di conoscenze che attualmente sono disperse nella struttura;
· Unione di risorse: Lo sforzo di rendere attivi lavoratori e clienti all’interno e all’esterno della struttura creando relazioni e reti;”
E quattro metodologie per la sua realizzazione in un’impresa
· “Condivisione delle best practice: Incremento dell’efficacia tramite la condivisione e il trasferimento della conoscenza, attraverso l’apprendimento generato dall’analisi delle operazioni quotidiane e il Know How derivante dai casi di successo interno all’azienda;
· Rete di conoscenza specializzata: Collegare, ad esempio in una rete globale, le varie persone dotate di delega del potere decisionale e di conoscenza specializzata all’interno e all’eterno dell’organizzazione, per risolvere problemi o prendere decisioni specifiche. Questa unione permette di superare la sommatoria delle conoscenze esistenti a livello individuale, raccogliendo, quando necessario, le conoscenze in tempo reale, per far questo è necessario creare un campo di condivisione della conoscenza che utilizzi strumento come la posta elettronica e i groupware;
· Capitale di conoscenza: Generare profitto utilizzando all’interno e all’esterno dell’azienda il patrimonio di conoscenza che può essere trasformato in valore economico. I brevetti e le licenze, i diritti d’autore, i marchi aziendali sono definibili come patrimonio di conoscenza;
· Condivisione della conoscenza con i clienti: Fondamentale è la condivisione della conoscenza con il cliente, oppure l’offerta continua di conoscenza al cliente abituale. All’interno di una struttura organizzativa aziendale virtuale, il cliente deve essere inserito consapevolmente;”24.
Un altro elemento di grande interesse presentato da Nonaka, riguarda il ruolo del top management in un processo di KM, per cui il compito più critico da parte della leadership è “concettualizzare una vision circa il tipo di Knowledge da sviluppare e da rendere operativa nell’implementazione di un sistema di gestione”25.
La vision elaborata dal top management permette di legare i membri dell’organizzazione a obiettivi e compiti flessibili.
In questo modo si tenta di limitare la rigidità imposta da un sistema di mamangement by objects (gestione per obiettivi), che troppo spesso conduce ad una demonizzazione dell’errore, in favore di un’impostazione dialettica, che non miri al semplice raggiungimento di obiettivi prestabiliti, ma alla progettazione degli obiettivi e dei compiti più adeguati alla realizzazione della “visione” dell’organizzazione:
"Gruppi ed individui, all’interno delle organizzazioni che gestiscono il processo di sviluppo della conoscenza, programmano autonomamente i loro obiettivi, con il fine di perseguire gli obiettivi espressi nella vision dell’organizzazione26”
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19 Malhotra “Knowledge Management for the New World of Business” Journal for Quality and Participation; Jul/Aug 1998, pp. 58-60
20 Inumaru K. “La dimensione della conoscenza nella gestione dei processi” in “il governo dei processi”, Guerrini e Associati 2001, p. 47
21 Nonaka I e Takeuchi H. “The Knowledge Creating Company”, guerrini e Associati 1997, p. 11
22 Polani M. “La conoscenza inespressa”, Armando Editore 1979
23 Nonaka I e Takeuchi H. “The Knowledge Creating Company”, guerrini e Associati 1997, p. 8
24 Inumaru K. “La dimensione della conoscenza nella gestione dei processi” in “il governo dei processi”, Guerrini e Associati 2001, pp. 53-54
25 Nonaka I e Takeuchi H. “The Knowledge Creating Company”, guerrini e Associati 1997, p. 74
26 Nonaka I e Takeuchi H. “The Knowledge Creating Company”, guerrini e Associati 1997, p. 76
Dallo stesso Malhotra possiamo trarre una prima riflessione sul significato di KM, che sottolinea il necessario legame tra tecnologia e capacità umana nella riuscita di un’efficace gestione della conoscenza all’interno di un’organizzazione: “il Knowledge Management risolve le questioni critiche dell’adattamento, della sopravvivenza e delle competenze delle organizzazioni, di fronte a cambiamenti ambientali sempre più discontinui".
In sostanza, riguarda quei processi organizzativi che uniscono la capacità di combinare i dati ed elaborare le informazioni, con la creatività e la capacità di innovare degli esseri umani”19.
Kazuo Inumaru, poi, ci suggerisce questa definizione di KM e del suo ruolo nel processo di creazione di valore e nell’incremento della produttività in un‘impresa: “La conoscenza è diventata una parola chiave per il managememnt. In passato le risorse di cui un’azienda doveva disporre erano tradizionalmente tre: persone, denaro, impianti. Oggi la conoscenza, definita come informazioni che hanno valore, è considerata una risorsa che coordina le altre tre, fornendo un valore aggiunto utile per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Questo modo di ottenere nuovo valore consiste nell’integrazione e nella condivisione sistematica delle conoscenza che ogni dipendente ha con quelle dell’organizzazione".
Chiamiamo Knowledge Management la metodologia di gestione della conoscenza. Lo scopo consiste nell’incrementare la competitività aziendale attraverso una gestione del processo più consapevole e controllata. In un’azienda dove il KM funziona bene, i lavoratori condividono le conoscenze provate valide dall’esperienza e il Know How che hanno ottenuto sul lavoro contribuendo così a incrementare la produttività e la competitività”20.
Come detto, Inumaru si ispira al modello di Knowledge Management elaborato da Ikujiro Nonaka e le fondamenta di questo modello sono: costruire informazioni con un valore e condivise da tutta l’organizzazione, “la conoscenza, a differenza delle informazioni, riguarda le convinzioni e il coinvolgimento”21.
La conoscenza, continua Inumaru, può suddividersi in “ciò che è individuale, soggettivo ed empirico (esperienziale) e ciò che è sociale, oggettivo e teorico, ”, in altre parole, riprendendo quanto teorizzato da M. Polany, la conoscenza può essere “esplicita” o “tacita”22.
Quest’ultima, secondo Nonaka, è "highly personal and hard to formalize, making it difficult to communicate or to share with others"23.
Questa distinzione, però, non impedisce ad entrambe le tipologie di conoscenza di interagire tra loro nello svolgersi dei processi aziendali, cosicché “la conoscenza, seguendo questo processo progressivo, cresce e matura da individuale a organizzativa”.
Dalla teoria di Nonaka, inoltre, possiamo ricavare quattro tipologie di KM
· “Kaizen: Competenza nell’incrementare l’efficienza nella gestione delle attività aziendali, condividendo e utilizzando il patrimonio della conoscenza”;
· Incremento di valore: La generazione di profitto attraverso il patrimonio della conoscenza;
· Concentrazione di risorse: La concentrazione organizzativa di conoscenze che attualmente sono disperse nella struttura;
· Unione di risorse: Lo sforzo di rendere attivi lavoratori e clienti all’interno e all’esterno della struttura creando relazioni e reti;”
E quattro metodologie per la sua realizzazione in un’impresa
· “Condivisione delle best practice: Incremento dell’efficacia tramite la condivisione e il trasferimento della conoscenza, attraverso l’apprendimento generato dall’analisi delle operazioni quotidiane e il Know How derivante dai casi di successo interno all’azienda;
· Rete di conoscenza specializzata: Collegare, ad esempio in una rete globale, le varie persone dotate di delega del potere decisionale e di conoscenza specializzata all’interno e all’eterno dell’organizzazione, per risolvere problemi o prendere decisioni specifiche. Questa unione permette di superare la sommatoria delle conoscenze esistenti a livello individuale, raccogliendo, quando necessario, le conoscenze in tempo reale, per far questo è necessario creare un campo di condivisione della conoscenza che utilizzi strumento come la posta elettronica e i groupware;
· Capitale di conoscenza: Generare profitto utilizzando all’interno e all’esterno dell’azienda il patrimonio di conoscenza che può essere trasformato in valore economico. I brevetti e le licenze, i diritti d’autore, i marchi aziendali sono definibili come patrimonio di conoscenza;
· Condivisione della conoscenza con i clienti: Fondamentale è la condivisione della conoscenza con il cliente, oppure l’offerta continua di conoscenza al cliente abituale. All’interno di una struttura organizzativa aziendale virtuale, il cliente deve essere inserito consapevolmente;”24.
Un altro elemento di grande interesse presentato da Nonaka, riguarda il ruolo del top management in un processo di KM, per cui il compito più critico da parte della leadership è “concettualizzare una vision circa il tipo di Knowledge da sviluppare e da rendere operativa nell’implementazione di un sistema di gestione”25.
La vision elaborata dal top management permette di legare i membri dell’organizzazione a obiettivi e compiti flessibili.
In questo modo si tenta di limitare la rigidità imposta da un sistema di mamangement by objects (gestione per obiettivi), che troppo spesso conduce ad una demonizzazione dell’errore, in favore di un’impostazione dialettica, che non miri al semplice raggiungimento di obiettivi prestabiliti, ma alla progettazione degli obiettivi e dei compiti più adeguati alla realizzazione della “visione” dell’organizzazione:
"Gruppi ed individui, all’interno delle organizzazioni che gestiscono il processo di sviluppo della conoscenza, programmano autonomamente i loro obiettivi, con il fine di perseguire gli obiettivi espressi nella vision dell’organizzazione26”
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19 Malhotra “Knowledge Management for the New World of Business” Journal for Quality and Participation; Jul/Aug 1998, pp. 58-60
20 Inumaru K. “La dimensione della conoscenza nella gestione dei processi” in “il governo dei processi”, Guerrini e Associati 2001, p. 47
21 Nonaka I e Takeuchi H. “The Knowledge Creating Company”, guerrini e Associati 1997, p. 11
22 Polani M. “La conoscenza inespressa”, Armando Editore 1979
23 Nonaka I e Takeuchi H. “The Knowledge Creating Company”, guerrini e Associati 1997, p. 8
24 Inumaru K. “La dimensione della conoscenza nella gestione dei processi” in “il governo dei processi”, Guerrini e Associati 2001, pp. 53-54
25 Nonaka I e Takeuchi H. “The Knowledge Creating Company”, guerrini e Associati 1997, p. 74
26 Nonaka I e Takeuchi H. “The Knowledge Creating Company”, guerrini e Associati 1997, p. 76
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