Innovare e Competere una necessità per le PMI (Piccole e Medie Imprese) - Novembre 2005
Le piccole e medie imprese italiane presentano tutte un problema di dimensione. L'assunto del "piccolo è bello", considerato fino a pochi anni fa un punto di forza del sistema imprenditoriale del nostro Paese, viene ora considerato una "criticità" se paragonato con le tendenze in atto su scala globale; si può dire che un mito è crollato, almeno in parte.
Numerosi convegni e indagini sul futuro delle PMI, (vedi ad esempio, il recente convegno biennale della Piccola Industria di Parma con la collaborazione del Centro Studi di Confindustria e della Doxa) affrontano il tema del "saper crescere" come elemento distintivo ed imprescindibile della strategia di una piccola e media impresa. Frequentemente si ribadisce che è necessario che in una PMI siano presenti i requisiti, le risorse e la cultura per l'elaborazione e lo sviluppo di una strategia in grado di differenziare l'azienda dalla concorrenza e fornire valore ai clienti.
Si parla molto di competitività, in realtà è proprio la strategia una delle leve principali della competitività; la strategia è uno strumento che insieme alla sperimentazione di nuovi modelli organizzativi può facilitare il cambiamento. La pressione competitiva non è sempre avvertita dalla piccola impresa come un fattore critico di sopravvivenza perché essa, fino ad oggi, si è ritagliata una propria collocazione di nicchia con una gestione quotidiana finalizzata, in primis, alla sopravvivenza.
La strategia di una PMI non ha quasi mai un respiro di medio o lungo periodo: spesso è improntata alla quotidianità e l'approccio manageriale, se così si può dire, è di tipo reattivo.
E' necessario introdurre nella PMI uno stile imprenditoriale orientato alla strategia e all'introduzione di nuovi modelli organizzativi in sintonia con i nuovi orientamenti1 della cultura d'impresa per avviare una fase di sperimentazione che aiuti a superare anche le attuali difficoltà di natura competitiva.
In Italia sono soprattutto le piccole e piccolissime imprese (microimprese) che devono trovare risposte efficaci in questa direzione. In generale, c'è la diffusa convinzione che esse non si possano permettere un management in grado di formulare strategie adeguate e avviare rilevanti cambiamenti organizzativi.
Una piccola impresa non può scegliere di sopravvivere, deve diventare competitiva e perciò ha la necessità di ritagliarsi una nicchia ecologica per i prodotti e i servizi offerti, con capacità competitive globali.
La maggioranza delle PMI, in Italia, spesso, hanno un'organizzazione scarsamente strutturata dove il capo è la sola persona a conoscenza di tutti gli elementi chiave della gestione aziendale; molte volte tali elementi formano un insieme caotico di dati e informazioni, che in presenza di buone capacità di sintesi possono costituire un punto di forza, ma anche di debolezza, in alcuni casi.
In una piccola impresa le attività di chi è al vertice devono essere particolarmente efficaci. Può essere utile porsi le seguenti domande:
Cosa riesce a fare veramente bene il massimo responsabile?
Cosa riesce a fare meglio di qualunque altro nell'azienda?
Tra le attività chiave, quali sono quelle di cui dovrebbe occuparsi?
Tra i compiti chiave vanno annoverati il rapporto con il personale dell'azienda; i rapporti con l'esterno, banche, mercato, grandi clienti, tecnologia.
Un'azienda che intenda muoversi in un'ottica competitiva globale deve necessariamente essere sempre informata sui propri mercati e sui cambiamenti che possono avere influenza sul proprio futuro. Essa ancora, in quanto a responsabilità e a competenze, deve necessariamente differenziarsi al proprio interno. La domanda che un piccolo imprenditore dovrebbe porsi è: come vanno gestiti e da chi i nostri processi interni.
Anche per un piccolo imprenditore, perciò, è vitale avere un sistema di gestione e controllo delle informazioni che gli consenta di determinare se:
i processi, le attività producono i risultati desiderati;
viene attuata o meno un'oculata gestione finanziaria;
viene misurata la produttività delle proprie risorse umane;
l'attività commerciale è gestita correttamente (pochi grandi clienti possono costituire una minaccia, quindi l'azienda è vulnerabile).
In sostanza il modello di imprenditorialità istintiva come fonte primaria del successo delle PMI deve essere sostituito da un nuovo paradigma imprenditoriale o di management, basato su pratiche progettate e gestite con efficacia ed efficienza. In questo senso l'attuale modello gestionale prevalente nelle PMI, di tipo empirico, basato su un problem solving reattivo, ha molta difficoltà a reggere.
Qual è allora il percorso del cambiamento da intraprendere, quali sono gli strumenti adatti per facilitare la transizione, senza indulgere a suggestioni di moda e a facili allarmismi? Non esistono scorciatoie, deve essere preferito un percorso di cambiamento fatto di piccoli passi, di lenta e meditata sperimentazione, con la verifica dei risultati di volta in volta raggiunti.
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1 Cfr. Modelli organizzativi per le PMI documento Gemini Europa S.r.l.
Numerosi convegni e indagini sul futuro delle PMI, (vedi ad esempio, il recente convegno biennale della Piccola Industria di Parma con la collaborazione del Centro Studi di Confindustria e della Doxa) affrontano il tema del "saper crescere" come elemento distintivo ed imprescindibile della strategia di una piccola e media impresa. Frequentemente si ribadisce che è necessario che in una PMI siano presenti i requisiti, le risorse e la cultura per l'elaborazione e lo sviluppo di una strategia in grado di differenziare l'azienda dalla concorrenza e fornire valore ai clienti.
Si parla molto di competitività, in realtà è proprio la strategia una delle leve principali della competitività; la strategia è uno strumento che insieme alla sperimentazione di nuovi modelli organizzativi può facilitare il cambiamento. La pressione competitiva non è sempre avvertita dalla piccola impresa come un fattore critico di sopravvivenza perché essa, fino ad oggi, si è ritagliata una propria collocazione di nicchia con una gestione quotidiana finalizzata, in primis, alla sopravvivenza.
La strategia di una PMI non ha quasi mai un respiro di medio o lungo periodo: spesso è improntata alla quotidianità e l'approccio manageriale, se così si può dire, è di tipo reattivo.
E' necessario introdurre nella PMI uno stile imprenditoriale orientato alla strategia e all'introduzione di nuovi modelli organizzativi in sintonia con i nuovi orientamenti1 della cultura d'impresa per avviare una fase di sperimentazione che aiuti a superare anche le attuali difficoltà di natura competitiva.
In Italia sono soprattutto le piccole e piccolissime imprese (microimprese) che devono trovare risposte efficaci in questa direzione. In generale, c'è la diffusa convinzione che esse non si possano permettere un management in grado di formulare strategie adeguate e avviare rilevanti cambiamenti organizzativi.
Una piccola impresa non può scegliere di sopravvivere, deve diventare competitiva e perciò ha la necessità di ritagliarsi una nicchia ecologica per i prodotti e i servizi offerti, con capacità competitive globali.
La maggioranza delle PMI, in Italia, spesso, hanno un'organizzazione scarsamente strutturata dove il capo è la sola persona a conoscenza di tutti gli elementi chiave della gestione aziendale; molte volte tali elementi formano un insieme caotico di dati e informazioni, che in presenza di buone capacità di sintesi possono costituire un punto di forza, ma anche di debolezza, in alcuni casi.
In una piccola impresa le attività di chi è al vertice devono essere particolarmente efficaci. Può essere utile porsi le seguenti domande:
Cosa riesce a fare veramente bene il massimo responsabile?
Cosa riesce a fare meglio di qualunque altro nell'azienda?
Tra le attività chiave, quali sono quelle di cui dovrebbe occuparsi?
Tra i compiti chiave vanno annoverati il rapporto con il personale dell'azienda; i rapporti con l'esterno, banche, mercato, grandi clienti, tecnologia.
Un'azienda che intenda muoversi in un'ottica competitiva globale deve necessariamente essere sempre informata sui propri mercati e sui cambiamenti che possono avere influenza sul proprio futuro. Essa ancora, in quanto a responsabilità e a competenze, deve necessariamente differenziarsi al proprio interno. La domanda che un piccolo imprenditore dovrebbe porsi è: come vanno gestiti e da chi i nostri processi interni.
Anche per un piccolo imprenditore, perciò, è vitale avere un sistema di gestione e controllo delle informazioni che gli consenta di determinare se:
i processi, le attività producono i risultati desiderati;
viene attuata o meno un'oculata gestione finanziaria;
viene misurata la produttività delle proprie risorse umane;
l'attività commerciale è gestita correttamente (pochi grandi clienti possono costituire una minaccia, quindi l'azienda è vulnerabile).
In sostanza il modello di imprenditorialità istintiva come fonte primaria del successo delle PMI deve essere sostituito da un nuovo paradigma imprenditoriale o di management, basato su pratiche progettate e gestite con efficacia ed efficienza. In questo senso l'attuale modello gestionale prevalente nelle PMI, di tipo empirico, basato su un problem solving reattivo, ha molta difficoltà a reggere.
Qual è allora il percorso del cambiamento da intraprendere, quali sono gli strumenti adatti per facilitare la transizione, senza indulgere a suggestioni di moda e a facili allarmismi? Non esistono scorciatoie, deve essere preferito un percorso di cambiamento fatto di piccoli passi, di lenta e meditata sperimentazione, con la verifica dei risultati di volta in volta raggiunti.
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1 Cfr. Modelli organizzativi per le PMI documento Gemini Europa S.r.l.
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