Execution, ovvero l’arte di condurre a buon fine le operazioni aziendali - Settembre 2005
“Il compito più importante di un leader consiste nella realizzazione esecutiva dei progetti, il che comporta un lavoro attento e capillare, “di dettaglio”, che renda al contempo certi del raggiungimento di certi risultati da parte dello staff aziendale: si tratta di un tipo di responsabilità in delegabile; è dovere primario infatti di ogni leader provvedere a che ogni membro del proprio team porti a compimento la propria parte del piano aziendale, al fine di assicurare l’intero successo aziendale”.
Larry Bossidy e David Brandt, americani autori di bestseller su tematiche manageriali, sostengono la tesi anzidetta in una loro recente pubblicazione sull’argomento e forniscono suggerimenti pratici sul modo migliore di mettere in pratica l’execution, procedendo anzitutto, nella prima parte dello scritto, alla sua definizione, che sintetizzano nel modo seguente:
- l’Execution è una disciplina, fondamentale per l’attuazione di qualunque strategia aziendale;
- L’Execution è di pertinenza del leader, di colui che in sostanza guida l’azienda e richiede come tale da parte sua una comprensione globale delle problematiche relative al lavoro, al personale e all’ambiente in genere. Il coinvolgimento attivo di tutte le parti è fondamentale e il dialogo, franco e realistico deve costituire il cuore di questa filosofia;
- L’Execution deve divenire un fatto culturale, cioè essere inserita nei sistemi di revisione e nelle norme di comportamento aziendale, rappresentando il risultato di uno sforzo collettivo, e non limitandosi a un fatto individuale.
Tre sono invece i “Building blocks” (ovvero i “pacchetti di costruzione”, espressione efficace per intendere i consigli concreti da seguire nel perseguimento dell’execution) indicati dagli autori nella seconda parte della trattazione:
I sette comportamenti fondamentali del Leader:la conoscenza del proprio staff e della propria organizzazione aziendale, fino alle più piccole unità; la costanza nel mantenersi realisti, ossia nella consapevolezza permanente di quelle che sono le proprie debolezze e capacità, tenendo sempre presente il punto di vista dei consumatori e dei competitori; lo stabilire obiettivi e il concentrarsi su priorità definite, in modo da massimizzare le risorse di cui si dispone; il monitorare continuamente la situazione, per assicurarsi che tutti i subordinati abbiano eseguito i compiti loro assegnati; incentivare con premi i propri collaboratori; potenziare le abilità dei singoli fornendo loro un esempio pratico, e non limitato dunque alla mera impartizione di ordini, di come le cose andrebbero fatte; conoscere infine se stessi, darsi determinazione e risolutezza nell’affrontare le situazioni, in modo che gli altri ci imitino.
Creare l’ambiente adatto per un vero e proprio cambiamento culturale:non si possono creare cambiamenti per il solo gusto di rivoluzionare l’assetto aziendale, ogni modifica al contrario deve essere orientata al raggiungimento di risultati e in questo senso occorre far si che vi sia una cultura aziendale operativa, che identifichi credenze e atteggiamenti che influenzano i comportamenti, in particolare quelli che risultano dannosi per l’azienda e la crescita dei lavoratori; e bisogna ancora fornire incentivi economici e non, in considerazione dei differenti risultati ottenuti dai propri collaboratori, non prima di aver concordato con loro gli obiettivi da raggiungere; inoltre è fondamentale considerare la gestione sociale dell’Execution, vale a dire fattori esterni alle regole e ai ruoli strutturati, quali i valori, la motivazione, le credenze in generale: quello che gli autori definiscono il “Social software”si riferisce a meccanismi di operatività sociale, che a loro volta possono modificare i comportamenti e riconducono in ogni caso a qualsiasi opportunità di dialogo all’interno dell’organizzazione: è auspicabile cogliere tali opportunità al fine di osservare le varie unità di cui si compone l’azienda, procedere con più facilità a pianificazioni, aggiornamenti e valutazioni; infine l’importanza di un dialogo forte, che incoraggi tutte le persone coinvolte nel lavoro a palesare le proprie intenzioni e a orientare i propri pensieri verso soluzioni e risultati e di un esempio costante da parte del leader, che deve “presenziare” nella vita di coloro i cui comportamenti egli desidera influenzare e tanto maggiore in questo contesto risulterà il proprio coinvolgimento, tanto più grande sarà il successo in termini di qualità del lavoro e produttività.
Avere le persone giuste al posto giusto: assumere persone “giuste” è altrettanto importante quanto dedicare del tempo alla pianificazione: si ha bisogno in questo senso di persone non solo capaci, ma che siano anche in grado di far evolvere le proprie potenzialità in funzione della crescita del lavoro e per far questo occorre tempo, al fine di adattare le attitudini dei singoli ai propri progetti e alla propria “vision” aziendale. In particolare il personale assunto dovrebbe:infondere energia negli individui, essere decisivo su questioni importanti e ricevere un costante feedback in termini di compiti realizzati, di processi portati a termine dagli altri. Il reclutamento in ogni caso è un processo critico, che necessita di una personale attenzione. Nella valutazione altresì, altro momento importante nel rapporto con il personale, la trasparenza dovrebbero essere attuata nella duplice direzione di conoscere la verità sulle eventuali debolezze, come sui punti di forza delle persone, e discuterne con loro, al fine di trovare soluzioni e aiutarli a sostenere se stessi.
Nella terza parte del libro in questione, dal titolo “Execution: the discipline of getting things done” (la disciplina del “far bene le cose”), gli studiosi si soffermano su tre processi chiave dell’Execution:
The people process, il processo che riguarda le persone e che presuppone il compimento di tre azioni, ossia la valutazione accurata, la “fornitura” di strumenti per individuare e sviluppare il talento relativo alla leadership di cui l’organizzazione ha bisogno per mettere in pratica le sue strategie e l’attenzione a che il discorso della leadership venga seguito nel tempo come base per l’elaborazione di progetti vincenti. Anche questo processo identifica dei building blocks: nello specifico essi consistono anzitutto nel creare un legame forte tra il capitale umano e la strategia (il che si traduce soprattutto nella ricerca di professionalità adatte agli obiettivi da raggiungere); poi nel perseguire il miglioramento continuo e nell’evitare il più possibile il rischio di cedimento o allontanamento del personale ( da attuare attraverso l’offerta di incentivi e l’apertura di un percorso di mobilità ascendente); ancora nella gestione di quelli che vengono definiti “non performers”, ossia le persone che non riescono per qualche motivo ad “incontrare” gli obiettivi stabiliti dall’azienda e a contribuire alla loro realizzazione (nel caso occorre valutare le singole situazioni e procedere a trasferimenti, o ad una formazione più adeguata, o più drasticamente a un licenziamento); infine connettere strettamente insieme le risorse umane con i risultati (in questo senso il Dipartimento delle risorse umane deve oggi principalmente assolvere alla funzione di “riempire” le posizioni che sono e saranno necessarie per la realizzazione di piani e progetti, reclutandole eventualmente anche dall’esterno e identificando quali di esse presentano aspetti critici).
The strategy process, il processo relativo alla strategia, per il quale si osserva che anche le strategie più brillanti sono destinate a fallire se non vengono “calate” nella realtà, vale a dire se non tengono conto di alcuni fattori quali la competitività, le capacità personali della forza lavoro, il mercato, l’offerta dei prodotti. L’adattabilità ai cambiamenti dovrebbe essere sempre considerata: bisogna esaminare più volte il proprio lavoro progettuale per appurare se è stato eseguito propriamente, se i passaggi attuali e futuri hanno una loro validità costante e se le persone incaricate conseguono i risultati previsti. In questo contesto è inoltre necessario tenere presente la differenza tra le strategie a livello di unità e quella a livello più generale, ovvero quella aziendale:mentre quest’ultima ha lo scopo di integrare in un discorso unitario e volto al raggiungimento di un unico obiettivo la pianificazione che in termini più specifici viene condotta all’interno delle unità in termini di previsione di costi, rischi, risorse e nuove opportunità. Il piano strategico dovrebbe essere attuato da persone in grado di eseguirlo, ovvero coloro che conoscono da vicino, per averle sperimentate sul campo, le realtà aziendali e le effettive potenzialità dell’organizzazione; ci sono una serie di questioni a questo proposito che converrebbe porsi: ad es. le aspettative sono realistiche? Come sta procedendo l’azienda all’interno del mercato e in che modo la nostra strategia può eventualmente modificare la situazione? Chi sono i nostri competitori e quali sono loro punti di forza? Qual è l’assetto dell’ambiente esterno? (per rispondere a quest’ultima domanda bisognerebbe monitorare le tendenze e gli eventi in ambito politico, economico, sociale). La revisione di un processo strategico inoltre dovrebbe essere un esercizio creativo e in questo senso è utile discutere riguardo al modo in cui sono state condotte le strategie in passato, senza tuttavia soffermarsi eccessivamente sulla riflessione, bensì utilizzandola come sprone per darsi nuovi imput.
Sound assumptions, ovvero l’assunzione di impegni: per concepire una pianificazione basata sulle proprie esperienze correnti, occorre necessariamente assumersi degli impegni nei riguardi del mercato, delle proprie occasioni di produttività contro la concorrenza etc., il che significa in termini concreti dibattere tali questioni con il proprio team e ancora una volta porsi delle domande: che tipo di realtà ci troviamo ad affrontare oggi? In che modo il cambiamento potrebbe superare il corso dei prossimi mesi o anni? E’ necessario rivedere gli impegni sui quali sono state elaborate le proposte precedenti e valutare la loro validità, nonché esaminare tutte le possibilità o fattori che in qualche modo influenzano il proprio lavoro. Ancora: è importante costruire un “piano operativo”che tenga conto in primis delle eventuali vulnerabilità dell’azienda e che riceva, in sede di elaborazione, il contributo di tutte le persone coinvolte nel raggiungimento degli obiettivi. Quanto infine agli esiti del processo operativo, occorre controllare in che modo le singole azioni compiute influenzano l’andamento aziendale, in particolare per ciò che attiene al collocamento delle risorse.
Larry Bossidy e David Brandt, americani autori di bestseller su tematiche manageriali, sostengono la tesi anzidetta in una loro recente pubblicazione sull’argomento e forniscono suggerimenti pratici sul modo migliore di mettere in pratica l’execution, procedendo anzitutto, nella prima parte dello scritto, alla sua definizione, che sintetizzano nel modo seguente:
- l’Execution è una disciplina, fondamentale per l’attuazione di qualunque strategia aziendale;
- L’Execution è di pertinenza del leader, di colui che in sostanza guida l’azienda e richiede come tale da parte sua una comprensione globale delle problematiche relative al lavoro, al personale e all’ambiente in genere. Il coinvolgimento attivo di tutte le parti è fondamentale e il dialogo, franco e realistico deve costituire il cuore di questa filosofia;
- L’Execution deve divenire un fatto culturale, cioè essere inserita nei sistemi di revisione e nelle norme di comportamento aziendale, rappresentando il risultato di uno sforzo collettivo, e non limitandosi a un fatto individuale.
Tre sono invece i “Building blocks” (ovvero i “pacchetti di costruzione”, espressione efficace per intendere i consigli concreti da seguire nel perseguimento dell’execution) indicati dagli autori nella seconda parte della trattazione:
I sette comportamenti fondamentali del Leader:la conoscenza del proprio staff e della propria organizzazione aziendale, fino alle più piccole unità; la costanza nel mantenersi realisti, ossia nella consapevolezza permanente di quelle che sono le proprie debolezze e capacità, tenendo sempre presente il punto di vista dei consumatori e dei competitori; lo stabilire obiettivi e il concentrarsi su priorità definite, in modo da massimizzare le risorse di cui si dispone; il monitorare continuamente la situazione, per assicurarsi che tutti i subordinati abbiano eseguito i compiti loro assegnati; incentivare con premi i propri collaboratori; potenziare le abilità dei singoli fornendo loro un esempio pratico, e non limitato dunque alla mera impartizione di ordini, di come le cose andrebbero fatte; conoscere infine se stessi, darsi determinazione e risolutezza nell’affrontare le situazioni, in modo che gli altri ci imitino.
Creare l’ambiente adatto per un vero e proprio cambiamento culturale:non si possono creare cambiamenti per il solo gusto di rivoluzionare l’assetto aziendale, ogni modifica al contrario deve essere orientata al raggiungimento di risultati e in questo senso occorre far si che vi sia una cultura aziendale operativa, che identifichi credenze e atteggiamenti che influenzano i comportamenti, in particolare quelli che risultano dannosi per l’azienda e la crescita dei lavoratori; e bisogna ancora fornire incentivi economici e non, in considerazione dei differenti risultati ottenuti dai propri collaboratori, non prima di aver concordato con loro gli obiettivi da raggiungere; inoltre è fondamentale considerare la gestione sociale dell’Execution, vale a dire fattori esterni alle regole e ai ruoli strutturati, quali i valori, la motivazione, le credenze in generale: quello che gli autori definiscono il “Social software”si riferisce a meccanismi di operatività sociale, che a loro volta possono modificare i comportamenti e riconducono in ogni caso a qualsiasi opportunità di dialogo all’interno dell’organizzazione: è auspicabile cogliere tali opportunità al fine di osservare le varie unità di cui si compone l’azienda, procedere con più facilità a pianificazioni, aggiornamenti e valutazioni; infine l’importanza di un dialogo forte, che incoraggi tutte le persone coinvolte nel lavoro a palesare le proprie intenzioni e a orientare i propri pensieri verso soluzioni e risultati e di un esempio costante da parte del leader, che deve “presenziare” nella vita di coloro i cui comportamenti egli desidera influenzare e tanto maggiore in questo contesto risulterà il proprio coinvolgimento, tanto più grande sarà il successo in termini di qualità del lavoro e produttività.
Avere le persone giuste al posto giusto: assumere persone “giuste” è altrettanto importante quanto dedicare del tempo alla pianificazione: si ha bisogno in questo senso di persone non solo capaci, ma che siano anche in grado di far evolvere le proprie potenzialità in funzione della crescita del lavoro e per far questo occorre tempo, al fine di adattare le attitudini dei singoli ai propri progetti e alla propria “vision” aziendale. In particolare il personale assunto dovrebbe:infondere energia negli individui, essere decisivo su questioni importanti e ricevere un costante feedback in termini di compiti realizzati, di processi portati a termine dagli altri. Il reclutamento in ogni caso è un processo critico, che necessita di una personale attenzione. Nella valutazione altresì, altro momento importante nel rapporto con il personale, la trasparenza dovrebbero essere attuata nella duplice direzione di conoscere la verità sulle eventuali debolezze, come sui punti di forza delle persone, e discuterne con loro, al fine di trovare soluzioni e aiutarli a sostenere se stessi.
Nella terza parte del libro in questione, dal titolo “Execution: the discipline of getting things done” (la disciplina del “far bene le cose”), gli studiosi si soffermano su tre processi chiave dell’Execution:
The people process, il processo che riguarda le persone e che presuppone il compimento di tre azioni, ossia la valutazione accurata, la “fornitura” di strumenti per individuare e sviluppare il talento relativo alla leadership di cui l’organizzazione ha bisogno per mettere in pratica le sue strategie e l’attenzione a che il discorso della leadership venga seguito nel tempo come base per l’elaborazione di progetti vincenti. Anche questo processo identifica dei building blocks: nello specifico essi consistono anzitutto nel creare un legame forte tra il capitale umano e la strategia (il che si traduce soprattutto nella ricerca di professionalità adatte agli obiettivi da raggiungere); poi nel perseguire il miglioramento continuo e nell’evitare il più possibile il rischio di cedimento o allontanamento del personale ( da attuare attraverso l’offerta di incentivi e l’apertura di un percorso di mobilità ascendente); ancora nella gestione di quelli che vengono definiti “non performers”, ossia le persone che non riescono per qualche motivo ad “incontrare” gli obiettivi stabiliti dall’azienda e a contribuire alla loro realizzazione (nel caso occorre valutare le singole situazioni e procedere a trasferimenti, o ad una formazione più adeguata, o più drasticamente a un licenziamento); infine connettere strettamente insieme le risorse umane con i risultati (in questo senso il Dipartimento delle risorse umane deve oggi principalmente assolvere alla funzione di “riempire” le posizioni che sono e saranno necessarie per la realizzazione di piani e progetti, reclutandole eventualmente anche dall’esterno e identificando quali di esse presentano aspetti critici).
The strategy process, il processo relativo alla strategia, per il quale si osserva che anche le strategie più brillanti sono destinate a fallire se non vengono “calate” nella realtà, vale a dire se non tengono conto di alcuni fattori quali la competitività, le capacità personali della forza lavoro, il mercato, l’offerta dei prodotti. L’adattabilità ai cambiamenti dovrebbe essere sempre considerata: bisogna esaminare più volte il proprio lavoro progettuale per appurare se è stato eseguito propriamente, se i passaggi attuali e futuri hanno una loro validità costante e se le persone incaricate conseguono i risultati previsti. In questo contesto è inoltre necessario tenere presente la differenza tra le strategie a livello di unità e quella a livello più generale, ovvero quella aziendale:mentre quest’ultima ha lo scopo di integrare in un discorso unitario e volto al raggiungimento di un unico obiettivo la pianificazione che in termini più specifici viene condotta all’interno delle unità in termini di previsione di costi, rischi, risorse e nuove opportunità. Il piano strategico dovrebbe essere attuato da persone in grado di eseguirlo, ovvero coloro che conoscono da vicino, per averle sperimentate sul campo, le realtà aziendali e le effettive potenzialità dell’organizzazione; ci sono una serie di questioni a questo proposito che converrebbe porsi: ad es. le aspettative sono realistiche? Come sta procedendo l’azienda all’interno del mercato e in che modo la nostra strategia può eventualmente modificare la situazione? Chi sono i nostri competitori e quali sono loro punti di forza? Qual è l’assetto dell’ambiente esterno? (per rispondere a quest’ultima domanda bisognerebbe monitorare le tendenze e gli eventi in ambito politico, economico, sociale). La revisione di un processo strategico inoltre dovrebbe essere un esercizio creativo e in questo senso è utile discutere riguardo al modo in cui sono state condotte le strategie in passato, senza tuttavia soffermarsi eccessivamente sulla riflessione, bensì utilizzandola come sprone per darsi nuovi imput.
Sound assumptions, ovvero l’assunzione di impegni: per concepire una pianificazione basata sulle proprie esperienze correnti, occorre necessariamente assumersi degli impegni nei riguardi del mercato, delle proprie occasioni di produttività contro la concorrenza etc., il che significa in termini concreti dibattere tali questioni con il proprio team e ancora una volta porsi delle domande: che tipo di realtà ci troviamo ad affrontare oggi? In che modo il cambiamento potrebbe superare il corso dei prossimi mesi o anni? E’ necessario rivedere gli impegni sui quali sono state elaborate le proposte precedenti e valutare la loro validità, nonché esaminare tutte le possibilità o fattori che in qualche modo influenzano il proprio lavoro. Ancora: è importante costruire un “piano operativo”che tenga conto in primis delle eventuali vulnerabilità dell’azienda e che riceva, in sede di elaborazione, il contributo di tutte le persone coinvolte nel raggiungimento degli obiettivi. Quanto infine agli esiti del processo operativo, occorre controllare in che modo le singole azioni compiute influenzano l’andamento aziendale, in particolare per ciò che attiene al collocamento delle risorse.
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