CON LA QUALITA’, OLTRE LA QUALITA’, LA BSC NELLE PMI - Marzo 2005
Le piccole e medie imprese italiane presentano tutte un problema di dimensione. L’assunto del “piccolo è bello”, considerato fino a pochi anni fa un punto di forza del sistema imprenditoriale del nostro Paese, viene ora considerato una “criticità” se paragonato con le tendenze in atto su scala globale; si può dire che un mito è crollato.
In primo luogo, il sistema delle PMI in Italia è in palese ritardo sulla via dell’internazionalizzazione, anche se appaiono i primi indizi di inversione di tendenza, come dimostrano soprattutto alcune aziende innovative di medie dimensioni.
Numerosi convegni e indagini sul futuro delle PMI, (vedi ad esempio, il recente convegno biennale della Piccola Industria di Parma con la collaborazione del Centro Studi di Confindustria e della Doxa) affrontano il tema del “saper crescere” come elemento distintivo ed imprescindibile della strategia di una piccola e media impresa, dove frequentemente si ribadisce che quasi mai sono presenti i requisiti, le risorse e la cultura per l’elaborazione e lo sviluppo di una strategia in grado di differenziare l’azienda dalla concorrenza e fornire valore ai clienti.
Si parla molto di competitività, in realtà è proprio la strategia una delle leve principali della competitività; la strategia è uno strumento che insieme alla sperimentazione di nuovi modelli organizzativi può facilitare il cambiamento. La pressione competitiva non è sempre avvertita dalla piccola impresa come un fattore critico di sopravvivenza perché essa, fino ad oggi, si è ritagliata una propria collocazione di nicchia con una gestione quotidiana finalizzata, in primis, alla sopravvivenza.
La strategia di una PMI, quando se ne ravvisa qualche indizio, non ha quasi mai un respiro di medio o lungo periodo: spesso è improntata alla quotidianità e l’approccio manageriale, se così si può dire, è di tipo reattivo.
E’ possibile introdurre nella PMI uno stile imprenditoriale orientato alla strategia e all’introduzione di nuovi modelli organizzativi[1] in sintonia con i nuovi orientamenti della cultura d’impresa per avviare una fase di sperimentazione che aiuti a superare anche le attuali difficoltà di natura competitiva?
In Italia sono soprattutto le piccole e piccolissime imprese (microimprese) che devono trovare risposte efficaci in questa direzione. In generale, c’è la diffusa convinzione che esse non si possano permettere un management in grado di formulare strategie adeguate e avviare rilevanti cambiamenti organizzativi.
Una piccola impresa non può scegliere di sopravvivere, deve diventare competitiva e perciò ha la necessità di ritagliarsi una nicchia ecologica per i prodotti e i servizi offerti, con capacità competitive globali.
La maggioranza delle PMI, in Italia, sono a conduzione familiare, spesso, hanno un’organizzazione scarsamente strutturata dove il capo è la sola persona a conoscenza di tutti gli elementi chiave della gestione aziendale; molte volte tali elementi formano un insieme caotico di dati e informazioni, che in presenza di buone capacità di sintesi possono costituire un punto di forza, ma anche di debolezza, nel caso contrario.
In una piccola impresa le attività di chi è al vertice devono essere particolarmente efficaci. Può essere utile porsi le seguenti domande:
· cosa riesce a fare veramente bene il massimo responsabile?
· Cosa riesce a fare meglio di qualunque altro nell’azienda?
· Tra le attività chiave, quali sono quelle di cui dovrebbe occuparsi?
Tra i compiti chiave vanno, inoltre, annoverati, il rapporto con il personale dell’azienda; i rapporti con l’esterno, ove per esso si intenda banche, mercato, grandi clienti, tecnologia.
Ora, un’azienda che intende muoversi in un’ottica competitiva globale deve necessariamente essere sempre informata sui propri mercati e sui cambiamenti che possono avere influenza sul proprio futuro. Essa ancora, in quanto a responsabilità e a competenze, deve necessariamente differenziarsi al proprio interno. La domanda che un piccolo imprenditore dovrebbe porsi è: come vanno gestiti e da chi i nostri processi interni.
Anche per un piccolo imprenditore, perciò, è vitale avere un sistema di gestione e controllo delle informazioni che gli consenta di determinare se:
i processi, le attività producono i risultati desiderati;
viene attuata o meno un’oculata gestione finanziaria;
viene misurata la produttività delle proprie risorse umane;
l’attività commerciale è gestita correttamente (pochi grandi clienti possono costituire una minaccia, quindi l’azienda è vulnerabile).
In sostanza il modello di imprenditorialità istintiva come fonte primaria del successo delle PMI deve essere sostituito da un nuovo paradigma imprenditoriale o di management, basato su pratiche progettate e gestite con efficacia ed efficienza. In questo senso l’attuale modello gestionale prevalente nelle PMI, di tipo empirico, basato su un problem solving reattivo, non può più reggere.
Qual è allora il percorso del cambiamento da intraprendere, quali sono gli strumenti adatti per facilitare la transizione, senza indulgere a suggestioni di moda e a facili allarmismi? Non esistono scorciatoie, deve essere preferito un percorso di cambiamento fatto di piccoli passi, di lenta e meditata sperimentazione, con la verifica dei risultati di volta in volta raggiunti. Non vogliamo indicare soluzioni definitive, ma indicare alcuni percorsi di sperimentazione.
Da qualche lustro uno strumento noto come Balanced Scorecard (scheda di valutazione bilanciata), nato per dare soluzione al problema della valutazione della performance complessiva di un’impresa, quindi non limitata ai soli parametri economico-finanziari, ma estesa, come era urgente fare nell’era della conoscenza e dell’informazione, a tutte le attività immateriali che aggiungono valore un’organizzazione, si è rivelato come uno strumento innovativo della gestione e controllo di un’impresa.
La Balanced Scorecard (BSC) può essere definita come un sistema completo di gestione strategica dell’impresa. E’ un approccio olistico alla gestione che parte dall’esplicitazione della strategia attraverso l’uso di mappe strategiche per arrivare alla sua traduzione pratica ed alla sua verifica tramite l’utilizzo di indicatori ed obiettivi, sintetizzati nella BSC stessa, che riguardano tutti i processi aziendali.
Ideata da Robert Kaplan e David Norton nei primi anni Novanta, la Balanced Scorecard era stata inizialmente pensata come modello per misurare e valutare le prestazioni di un’organizzazione. Con questo modello, la valutazione della prestazione non era più effettuata attraverso indicatori di carattere esclusivamente economico-finanziario, ma piuttosto attraverso un cruscotto articolato in quattro prospettive bilanciate: oltre a quella economica finanziaria, è stata aggiunta la prospettiva del cliente, quella dei processi interni e la prospettiva della formazione e della crescita. In pratica lo scopo era di bilanciare gli indicatori finanziari, che permettono di valutare il risultato di azioni precedentemente intraprese, con i driver della creazione del valore futuro dell’organizzazione, che riguardano, appunto, tutti i processi attivi nell’organizzazione.
La Balanced Scorecard, grazie anche allo sviluppo delle mappe strategiche , si è rapidamente evoluta, quindi, in un Management System completo per implementare ed attuare la strategia, cioè per allineare l’operatività quotidiana e le risorse con gli intenti strategici, consentendo al management di elaborare, applicare e sperimentare nuovi modelli organizzativi in sintonia con la strategia stessa.
Lo sviluppo di una mappa strategica è dunque un primo passo per impostare un percorso di sviluppo e di cambiamento, una griglia di riferimento che consente di rendere esplicite le ipotesi contenute in una strategia; una mappa strategica, a sua volta, si sviluppa come una catena logica di rapporti di causa-effetto che sostanzia l’ipotesi strategica secondo le quattro prospettive indicate nella BSC stessa.
La BSC è solo uno strumento tra tanti, ma è uno strumento indispensabile per adattarsi alle esigenze di valorizzazione del capitale intellettuale, uno strumento fondamentale per rendere competitiva anche la più piccola delle imprese.
La BSC è un primo passo nella direzione del cambiamento, una chance nell’epoca della competizione basata sulla conoscenza, un’occasione da non perdere anche per una piccola impresa di qualità che vuole andare oltre la qualità.
Pasquale Buongiovanni
[1] Cfr. Modelli organizzativi per le PMI documento Gemini Europa srl
In primo luogo, il sistema delle PMI in Italia è in palese ritardo sulla via dell’internazionalizzazione, anche se appaiono i primi indizi di inversione di tendenza, come dimostrano soprattutto alcune aziende innovative di medie dimensioni.
Numerosi convegni e indagini sul futuro delle PMI, (vedi ad esempio, il recente convegno biennale della Piccola Industria di Parma con la collaborazione del Centro Studi di Confindustria e della Doxa) affrontano il tema del “saper crescere” come elemento distintivo ed imprescindibile della strategia di una piccola e media impresa, dove frequentemente si ribadisce che quasi mai sono presenti i requisiti, le risorse e la cultura per l’elaborazione e lo sviluppo di una strategia in grado di differenziare l’azienda dalla concorrenza e fornire valore ai clienti.
Si parla molto di competitività, in realtà è proprio la strategia una delle leve principali della competitività; la strategia è uno strumento che insieme alla sperimentazione di nuovi modelli organizzativi può facilitare il cambiamento. La pressione competitiva non è sempre avvertita dalla piccola impresa come un fattore critico di sopravvivenza perché essa, fino ad oggi, si è ritagliata una propria collocazione di nicchia con una gestione quotidiana finalizzata, in primis, alla sopravvivenza.
La strategia di una PMI, quando se ne ravvisa qualche indizio, non ha quasi mai un respiro di medio o lungo periodo: spesso è improntata alla quotidianità e l’approccio manageriale, se così si può dire, è di tipo reattivo.
E’ possibile introdurre nella PMI uno stile imprenditoriale orientato alla strategia e all’introduzione di nuovi modelli organizzativi[1] in sintonia con i nuovi orientamenti della cultura d’impresa per avviare una fase di sperimentazione che aiuti a superare anche le attuali difficoltà di natura competitiva?
In Italia sono soprattutto le piccole e piccolissime imprese (microimprese) che devono trovare risposte efficaci in questa direzione. In generale, c’è la diffusa convinzione che esse non si possano permettere un management in grado di formulare strategie adeguate e avviare rilevanti cambiamenti organizzativi.
Una piccola impresa non può scegliere di sopravvivere, deve diventare competitiva e perciò ha la necessità di ritagliarsi una nicchia ecologica per i prodotti e i servizi offerti, con capacità competitive globali.
La maggioranza delle PMI, in Italia, sono a conduzione familiare, spesso, hanno un’organizzazione scarsamente strutturata dove il capo è la sola persona a conoscenza di tutti gli elementi chiave della gestione aziendale; molte volte tali elementi formano un insieme caotico di dati e informazioni, che in presenza di buone capacità di sintesi possono costituire un punto di forza, ma anche di debolezza, nel caso contrario.
In una piccola impresa le attività di chi è al vertice devono essere particolarmente efficaci. Può essere utile porsi le seguenti domande:
· cosa riesce a fare veramente bene il massimo responsabile?
· Cosa riesce a fare meglio di qualunque altro nell’azienda?
· Tra le attività chiave, quali sono quelle di cui dovrebbe occuparsi?
Tra i compiti chiave vanno, inoltre, annoverati, il rapporto con il personale dell’azienda; i rapporti con l’esterno, ove per esso si intenda banche, mercato, grandi clienti, tecnologia.
Ora, un’azienda che intende muoversi in un’ottica competitiva globale deve necessariamente essere sempre informata sui propri mercati e sui cambiamenti che possono avere influenza sul proprio futuro. Essa ancora, in quanto a responsabilità e a competenze, deve necessariamente differenziarsi al proprio interno. La domanda che un piccolo imprenditore dovrebbe porsi è: come vanno gestiti e da chi i nostri processi interni.
Anche per un piccolo imprenditore, perciò, è vitale avere un sistema di gestione e controllo delle informazioni che gli consenta di determinare se:
i processi, le attività producono i risultati desiderati;
viene attuata o meno un’oculata gestione finanziaria;
viene misurata la produttività delle proprie risorse umane;
l’attività commerciale è gestita correttamente (pochi grandi clienti possono costituire una minaccia, quindi l’azienda è vulnerabile).
In sostanza il modello di imprenditorialità istintiva come fonte primaria del successo delle PMI deve essere sostituito da un nuovo paradigma imprenditoriale o di management, basato su pratiche progettate e gestite con efficacia ed efficienza. In questo senso l’attuale modello gestionale prevalente nelle PMI, di tipo empirico, basato su un problem solving reattivo, non può più reggere.
Qual è allora il percorso del cambiamento da intraprendere, quali sono gli strumenti adatti per facilitare la transizione, senza indulgere a suggestioni di moda e a facili allarmismi? Non esistono scorciatoie, deve essere preferito un percorso di cambiamento fatto di piccoli passi, di lenta e meditata sperimentazione, con la verifica dei risultati di volta in volta raggiunti. Non vogliamo indicare soluzioni definitive, ma indicare alcuni percorsi di sperimentazione.
Da qualche lustro uno strumento noto come Balanced Scorecard (scheda di valutazione bilanciata), nato per dare soluzione al problema della valutazione della performance complessiva di un’impresa, quindi non limitata ai soli parametri economico-finanziari, ma estesa, come era urgente fare nell’era della conoscenza e dell’informazione, a tutte le attività immateriali che aggiungono valore un’organizzazione, si è rivelato come uno strumento innovativo della gestione e controllo di un’impresa.
La Balanced Scorecard (BSC) può essere definita come un sistema completo di gestione strategica dell’impresa. E’ un approccio olistico alla gestione che parte dall’esplicitazione della strategia attraverso l’uso di mappe strategiche per arrivare alla sua traduzione pratica ed alla sua verifica tramite l’utilizzo di indicatori ed obiettivi, sintetizzati nella BSC stessa, che riguardano tutti i processi aziendali.
Ideata da Robert Kaplan e David Norton nei primi anni Novanta, la Balanced Scorecard era stata inizialmente pensata come modello per misurare e valutare le prestazioni di un’organizzazione. Con questo modello, la valutazione della prestazione non era più effettuata attraverso indicatori di carattere esclusivamente economico-finanziario, ma piuttosto attraverso un cruscotto articolato in quattro prospettive bilanciate: oltre a quella economica finanziaria, è stata aggiunta la prospettiva del cliente, quella dei processi interni e la prospettiva della formazione e della crescita. In pratica lo scopo era di bilanciare gli indicatori finanziari, che permettono di valutare il risultato di azioni precedentemente intraprese, con i driver della creazione del valore futuro dell’organizzazione, che riguardano, appunto, tutti i processi attivi nell’organizzazione.
La Balanced Scorecard, grazie anche allo sviluppo delle mappe strategiche , si è rapidamente evoluta, quindi, in un Management System completo per implementare ed attuare la strategia, cioè per allineare l’operatività quotidiana e le risorse con gli intenti strategici, consentendo al management di elaborare, applicare e sperimentare nuovi modelli organizzativi in sintonia con la strategia stessa.
Lo sviluppo di una mappa strategica è dunque un primo passo per impostare un percorso di sviluppo e di cambiamento, una griglia di riferimento che consente di rendere esplicite le ipotesi contenute in una strategia; una mappa strategica, a sua volta, si sviluppa come una catena logica di rapporti di causa-effetto che sostanzia l’ipotesi strategica secondo le quattro prospettive indicate nella BSC stessa.
La BSC è solo uno strumento tra tanti, ma è uno strumento indispensabile per adattarsi alle esigenze di valorizzazione del capitale intellettuale, uno strumento fondamentale per rendere competitiva anche la più piccola delle imprese.
La BSC è un primo passo nella direzione del cambiamento, una chance nell’epoca della competizione basata sulla conoscenza, un’occasione da non perdere anche per una piccola impresa di qualità che vuole andare oltre la qualità.
Pasquale Buongiovanni
[1] Cfr. Modelli organizzativi per le PMI documento Gemini Europa srl
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