Strategic Management - Gennaio 2005
1. Generalità e contesto metodologico
L’organizzazione che si pone con atteggiamento proattivo sul mercato non può esimersi dal predisporre e rendere operativa una strategia coerente con la mission e la vision aziendale. Spesso, tuttavia, anche il management di medie e grandi organizzazioni, non attribuisce all’azione strategica la valenza di “processo”, con tutto ciò che tale connotazione implica. Infatti, solamente approcciando la strategia come un processo se ne riesce a sfruttare tutta la portata operativa; ciò avviene perché si innesta il ciclo virtuoso del miglioramento continuo.
Lo “Strategic Management” (Pianificazione Strategica) è una metodologia che ha la finalità di migliorare la razionalità delle decisioni (o delle azioni) nella gestione sistematica ed integrata del business o dei business di un’organizzazione. Una decisione è razionale quando è sì coerente con i suoi obiettivi ma soprattutto se è compatibile con le opportunità e i vincoli esistenti e con le risorse disponibili. D’altra parte, gli obiettivi sono perseguibili solo in presenza di una chiara definizione della mission e della vision aziendale.
E’ a questo punto che diviene critica la capacità strategica del management nel saper valutare le congruenze (a lungo, medio e breve termine) delle azioni presenti, unitamente alla capacità di individuare, almeno, gli indicatori di performances che è possibile controllare nonostante l’estrema volatilità dei mercati.
Per questa serie di ragioni riteniamo che la gestione della strategia (Strategic Management) sia senz’altro da considerare un processo che, a valle di un’analisi dello scenario competitivo di riferimento (input) e tramite la strutturazione di piani operativi di decisioni/azioni interdipendenti e coerenti con gli obiettivi da raggiungere (fasi), mira a rendere altamente probabile l’accadimento di una o più situazioni future (output finale). La pianificazione strategica, quindi, consta di una serie di fasi, tra loro collegate, e, a partire dalle decisioni prese durante la fase iniziale, traccia il loro sviluppo operativo nel tempo tramite specifici piani di azione che vengono continuamente aggiornati in funzione delle decisioni assunte a posteriori tese a loro volta a ricalibrare ed attualizzare quelle iniziali. È questo aspetto che conferisce alla pianificazione la conformazione di un processo dinamico e flessibile, senza un inizio e senza una fine (miglioramento continuo).
Il ciclo strategico della pianificazione aziendale è costituito da due fondamentali strumenti di pianificazione:
a) La pianificazione “propriamente” strategica, che è volta a razionalizzare il processo decisionale che deve condurre alla formulazione della strategia aziendale (piano strategico);
b) La pianificazione tattica (o programmazione strategica) che opera con un grado di astrazione inferiore e collega la fase di strategic planning pluriennale con il budgeting annuale (programmi strategici);
Gli Item pilastro della metodologia sono:
1) Check Up strategico;
2) Analisi dei punti di forza e di debolezza dell’organizzazione;
3) Definizione o ridefinizione della mission e della vision dell’organizzazione;
4) Identificazione degli stakeholders (portatori di interesse) dell’organizzazione;
5) Predisposizione di sentieri alternativi e valutazione delle diverse opzioni strategiche (pianificazione strategica);
6) Formulazione delle strategie;
7) Definizione degli obiettivi di lungo, medio e breve termine;
8) Redazione dei piani industriali, finanziari, di business, di impresa o di gruppo per il conseguimento degli obiettivi di lungo, medio e breve termine (pianificazione tattica);
9) Esecuzione e monitoraggio dell'attuazione delle iniziative e delle azioni prescelte.
Le indicazioni metodologiche per la gestione degli item sono le seguenti:
1) Il check up strategico: è un item non imprescindibile ma utile per rendere ancora più efficaci la strategie. Tramite la raccolta di informazioni aggregate sul settore in cui opera l’organizzazione, vengono analizzati gli indicatori di tenuta del business oggetto di analisi strategica; in sostanza si tratta dell’analisi dello scenario competitivo e dei trend nelle aree di business collegate ai processi operativi dell’organizzazione. L’analisi dell’ambiente esterno è un’analisi previsionale dello scenario futuro in cui l’organizzazione si troverà a operare. Dall’esame dello scenario si rilevano le opportunità (nuovi segmenti di mercato, aumento delle vendite ecc.) e le minacce (nuovi concorrenti, aumento dei costi ecc.) che modificheranno gli equilibri futuri.
2) L’analisi dei punti di forza e di debolezza è una diagnosi dei fattori critici di successo dell’organizzazione. In questa fase sarà effettuato, per ogni fattore critico, il confronto con i concorrenti più forti, al fine di valutare quanto siamo competitivi o deboli sul mercato.
3) La definizione o ricalibrazione della mission e della vision dell’organizzazione: i passi precedenti forniscono una portata informativa “aggiornata” per definire o rivedere criticamente la mission e la vision, che sono senza dubbio le genitrici di qualsiasi strategia.
4) L’identificazione degli stakeholder: il processo strategico ha delle parti interessate che possono essere coinvolte direttamente o indirettamente nelle azioni da intraprendere. La definizione degli stakeholder è fondamentale sia per individuare correttamente quelli interni ed esterni all’organizzazione, sia per predisporre le più efficaci linee di comunicazione per la divulgazione della strategia.
5) La valutazione delle diverse opzioni strategiche: la direzione strategica deve selezionare “dove” competere, cioè le aree d’affari in cui operare, e “come” competere, cioè decidere su quali competenze puntare per la conquista del vantaggio competitivo identificando le risorse da allocare.
6) La formulazione delle strategie indica le vie da percorrere per fronteggiare la concorrenza. Ovviamente esistono molteplici strategie tra le quali l’organizzazione sceglierà la più adatta al raggiungimento dei propri fini. Ricordiamo che le principali linee strategiche sono riconducibili alle seguenti:
• strategie di consolidamento, che implicano il mantenimento degli stessi prodotti nei mercati;
• strategie di espansione, che comportano un incremento nel volume di attività;
• strategie di integrazione, che prevedono l’estensione dell’ attività a fasi del ciclo operativo che precedono o seguono quelle svolte dall’impresa.
7) La definizione degli obiettivi di lungo, medio e breve termine: gli obiettivi (finanziari, economici, di performances dei processi operativi) sono i risultati specifici, quantificabili e verificabili, che ci si attende.
8) La redazione dei piani operativi per l’attuazione delle strategie e il conseguimento degli obiettivi di miglioramento, cioè, i piani operativi quali quelli commerciali, di produzione, di ricerca e sviluppo, di acquisto, del personale, amministrativi. Nel piano aziendale confluiscono per valori sintetici i singoli piani operativi. Il piano aziendale è composto dai singoli piani operativi, e da quelli tipici del controllo di gestione quali il conto economico, lo stato patrimoniale, il piano degli investimenti e il piano finanziario.
9) L’esecuzione e monitoraggio: dopo l’approvazione del piano aziendale, lo stesso diventa esecutivo e sarà realizzato per mezzo dei singoli piani operativi e di quelli collegati al controllo di gestione. Il punto di vista aggregato del piano aziendale è necessario per assicurare l’interdipendenza e il bilanciamento degli obiettivi e delle azioni collegate (tecnica di balanced scorecard). L’analisi della coerenza tra i piani pluriennali, quelli di medio e quelli di breve periodo avviene attraverso il monitoraggio sistematico degli scostamenti tra i dati effettivi e quelli di budget, che consente di verificare se i presupposti sono ancora validi e atti a perseguire gli obiettivi prefissati. Tale fase è propedeutica alla ricerca dell’identificazione delle cause che consentirà di individuare le eventuali azioni correttive e aggiornare il piano.
****
La gestione della strategia è connotata dalla prospettiva temporale.
La realizzabilità di una strategia è, quindi, funzione della capacità di:
- costruire una visione del futuro nell’ambito di una prospettiva temporale per l'impresa,
- dotare la prospettiva temporale di profondità e densità,
- renderla dinamica in funzione dei mutamenti dello scenario competitivo,
- saperla comunicare a tutti i membri dell'organizzazione coinvolgendoli attivamente.
La profondità indica la lunghezza della prospettiva temporale e la densità indica il livello di dettaglio (quantità di eventi concreti, progetti e azioni situabili nel futuro). Ciò implica che i piani operativi, di lungo, medio e breve periodo, debbano interagire tra di loro con una logica di regressione temporale a scalare (cioè “i piani di breve periodo scaturiscono da quelli di medio periodo, i quali a loro volta devono implementare la visione di lungo termine”). Tale pianificazione a ritroso (backward planning), consente di equilibrare in maniera dinamica ed efficace gli elementi di profondità e densità (della prospettiva temporale) collegati alla strategia. In questo modo lo sviluppo degli obiettivi di medio e lungo periodo può essere realistico e attualizzabile evitando una pianificazione incentrata solo sul breve termine.
E’ in questa logica che trovano una solida collocazione metodologica gli item dello strategic managemet in precedenza descritti (punto 3 in particolare). “La visione aziendale fornisce profondità alla prospettiva temporale. Le tattiche aziendali devono invece apportarvi densità e spessore. La mancanza di una delle due componenti (densità e profondità) può portare ad uno stato organizzativo patologico definito sindrome da destrutturazione temporale, ovvero la perdita di orizzonte e di riferimenti temporali solidi nelle persone che lavorano in azienda, da cui deriva in breve tempo demotivazione”.
Un’organizzazione, infatti, per rendere davvero operativa una strategia, non può davvero confidare esclusivamente su una casuale capacità di automotivazione del personale, unica opzione, quest’ultima, che permetterebbe comunque, di implementare la strategia senza chiari milestones temporali e linee guida scaturenti dai piani di breve, medio e lungo termine.
“Il senso della pianificazione deve quindi essere backward o upstreaming, ovvero partire dalla definizione degli obiettivi di lungo periodo da cui ricavare progressivamente gli obiettivi più ravvicinati”. La traduzione pratica di tali approcci è costituita dalle classiche tecniche di project management quali, ad esempio, i diagrammi di Gantt e il Pert.
In conclusione, lo strategic management, in particolare applicato nella realtà delle PMI italiane, è un metodo flessibile e dinamico che consente di canalizzare in senso virtuoso le capacità di consolidamento o espansione del/i business di un’organizzazione. L’elemento di conduzione familiare, che connota fortemente le PMI, rende erroneamente implicite le linee guida strategiche per il governo dell’impresa. L’esito è che le capacità di innovazione e le potenzialità di riposizionamento vincente sul mercato, risultano vane ed inespresse e molte realtà imprenditoriali segnano il passo in settori dove le opportunità dello scenario competitivo e gli skill interni permetterebbero ben altre performances.
Alessandro Monti
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Fonti:
http://ambiente.formez.it
http://www.formambiente.org
http://www.agici.it
Daniele Trevisani "Competitività Aziendale, Personale, Organizzativa: Strumenti di sviluppo e creazione del valore". Franco Angeli editore. © Copyright.
L’organizzazione che si pone con atteggiamento proattivo sul mercato non può esimersi dal predisporre e rendere operativa una strategia coerente con la mission e la vision aziendale. Spesso, tuttavia, anche il management di medie e grandi organizzazioni, non attribuisce all’azione strategica la valenza di “processo”, con tutto ciò che tale connotazione implica. Infatti, solamente approcciando la strategia come un processo se ne riesce a sfruttare tutta la portata operativa; ciò avviene perché si innesta il ciclo virtuoso del miglioramento continuo.
Lo “Strategic Management” (Pianificazione Strategica) è una metodologia che ha la finalità di migliorare la razionalità delle decisioni (o delle azioni) nella gestione sistematica ed integrata del business o dei business di un’organizzazione. Una decisione è razionale quando è sì coerente con i suoi obiettivi ma soprattutto se è compatibile con le opportunità e i vincoli esistenti e con le risorse disponibili. D’altra parte, gli obiettivi sono perseguibili solo in presenza di una chiara definizione della mission e della vision aziendale.
E’ a questo punto che diviene critica la capacità strategica del management nel saper valutare le congruenze (a lungo, medio e breve termine) delle azioni presenti, unitamente alla capacità di individuare, almeno, gli indicatori di performances che è possibile controllare nonostante l’estrema volatilità dei mercati.
Per questa serie di ragioni riteniamo che la gestione della strategia (Strategic Management) sia senz’altro da considerare un processo che, a valle di un’analisi dello scenario competitivo di riferimento (input) e tramite la strutturazione di piani operativi di decisioni/azioni interdipendenti e coerenti con gli obiettivi da raggiungere (fasi), mira a rendere altamente probabile l’accadimento di una o più situazioni future (output finale). La pianificazione strategica, quindi, consta di una serie di fasi, tra loro collegate, e, a partire dalle decisioni prese durante la fase iniziale, traccia il loro sviluppo operativo nel tempo tramite specifici piani di azione che vengono continuamente aggiornati in funzione delle decisioni assunte a posteriori tese a loro volta a ricalibrare ed attualizzare quelle iniziali. È questo aspetto che conferisce alla pianificazione la conformazione di un processo dinamico e flessibile, senza un inizio e senza una fine (miglioramento continuo).
Il ciclo strategico della pianificazione aziendale è costituito da due fondamentali strumenti di pianificazione:
a) La pianificazione “propriamente” strategica, che è volta a razionalizzare il processo decisionale che deve condurre alla formulazione della strategia aziendale (piano strategico);
b) La pianificazione tattica (o programmazione strategica) che opera con un grado di astrazione inferiore e collega la fase di strategic planning pluriennale con il budgeting annuale (programmi strategici);
Gli Item pilastro della metodologia sono:
1) Check Up strategico;
2) Analisi dei punti di forza e di debolezza dell’organizzazione;
3) Definizione o ridefinizione della mission e della vision dell’organizzazione;
4) Identificazione degli stakeholders (portatori di interesse) dell’organizzazione;
5) Predisposizione di sentieri alternativi e valutazione delle diverse opzioni strategiche (pianificazione strategica);
6) Formulazione delle strategie;
7) Definizione degli obiettivi di lungo, medio e breve termine;
8) Redazione dei piani industriali, finanziari, di business, di impresa o di gruppo per il conseguimento degli obiettivi di lungo, medio e breve termine (pianificazione tattica);
9) Esecuzione e monitoraggio dell'attuazione delle iniziative e delle azioni prescelte.
Le indicazioni metodologiche per la gestione degli item sono le seguenti:
1) Il check up strategico: è un item non imprescindibile ma utile per rendere ancora più efficaci la strategie. Tramite la raccolta di informazioni aggregate sul settore in cui opera l’organizzazione, vengono analizzati gli indicatori di tenuta del business oggetto di analisi strategica; in sostanza si tratta dell’analisi dello scenario competitivo e dei trend nelle aree di business collegate ai processi operativi dell’organizzazione. L’analisi dell’ambiente esterno è un’analisi previsionale dello scenario futuro in cui l’organizzazione si troverà a operare. Dall’esame dello scenario si rilevano le opportunità (nuovi segmenti di mercato, aumento delle vendite ecc.) e le minacce (nuovi concorrenti, aumento dei costi ecc.) che modificheranno gli equilibri futuri.
2) L’analisi dei punti di forza e di debolezza è una diagnosi dei fattori critici di successo dell’organizzazione. In questa fase sarà effettuato, per ogni fattore critico, il confronto con i concorrenti più forti, al fine di valutare quanto siamo competitivi o deboli sul mercato.
3) La definizione o ricalibrazione della mission e della vision dell’organizzazione: i passi precedenti forniscono una portata informativa “aggiornata” per definire o rivedere criticamente la mission e la vision, che sono senza dubbio le genitrici di qualsiasi strategia.
4) L’identificazione degli stakeholder: il processo strategico ha delle parti interessate che possono essere coinvolte direttamente o indirettamente nelle azioni da intraprendere. La definizione degli stakeholder è fondamentale sia per individuare correttamente quelli interni ed esterni all’organizzazione, sia per predisporre le più efficaci linee di comunicazione per la divulgazione della strategia.
5) La valutazione delle diverse opzioni strategiche: la direzione strategica deve selezionare “dove” competere, cioè le aree d’affari in cui operare, e “come” competere, cioè decidere su quali competenze puntare per la conquista del vantaggio competitivo identificando le risorse da allocare.
6) La formulazione delle strategie indica le vie da percorrere per fronteggiare la concorrenza. Ovviamente esistono molteplici strategie tra le quali l’organizzazione sceglierà la più adatta al raggiungimento dei propri fini. Ricordiamo che le principali linee strategiche sono riconducibili alle seguenti:
• strategie di consolidamento, che implicano il mantenimento degli stessi prodotti nei mercati;
• strategie di espansione, che comportano un incremento nel volume di attività;
• strategie di integrazione, che prevedono l’estensione dell’ attività a fasi del ciclo operativo che precedono o seguono quelle svolte dall’impresa.
7) La definizione degli obiettivi di lungo, medio e breve termine: gli obiettivi (finanziari, economici, di performances dei processi operativi) sono i risultati specifici, quantificabili e verificabili, che ci si attende.
8) La redazione dei piani operativi per l’attuazione delle strategie e il conseguimento degli obiettivi di miglioramento, cioè, i piani operativi quali quelli commerciali, di produzione, di ricerca e sviluppo, di acquisto, del personale, amministrativi. Nel piano aziendale confluiscono per valori sintetici i singoli piani operativi. Il piano aziendale è composto dai singoli piani operativi, e da quelli tipici del controllo di gestione quali il conto economico, lo stato patrimoniale, il piano degli investimenti e il piano finanziario.
9) L’esecuzione e monitoraggio: dopo l’approvazione del piano aziendale, lo stesso diventa esecutivo e sarà realizzato per mezzo dei singoli piani operativi e di quelli collegati al controllo di gestione. Il punto di vista aggregato del piano aziendale è necessario per assicurare l’interdipendenza e il bilanciamento degli obiettivi e delle azioni collegate (tecnica di balanced scorecard). L’analisi della coerenza tra i piani pluriennali, quelli di medio e quelli di breve periodo avviene attraverso il monitoraggio sistematico degli scostamenti tra i dati effettivi e quelli di budget, che consente di verificare se i presupposti sono ancora validi e atti a perseguire gli obiettivi prefissati. Tale fase è propedeutica alla ricerca dell’identificazione delle cause che consentirà di individuare le eventuali azioni correttive e aggiornare il piano.
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La gestione della strategia è connotata dalla prospettiva temporale.
La realizzabilità di una strategia è, quindi, funzione della capacità di:
- costruire una visione del futuro nell’ambito di una prospettiva temporale per l'impresa,
- dotare la prospettiva temporale di profondità e densità,
- renderla dinamica in funzione dei mutamenti dello scenario competitivo,
- saperla comunicare a tutti i membri dell'organizzazione coinvolgendoli attivamente.
La profondità indica la lunghezza della prospettiva temporale e la densità indica il livello di dettaglio (quantità di eventi concreti, progetti e azioni situabili nel futuro). Ciò implica che i piani operativi, di lungo, medio e breve periodo, debbano interagire tra di loro con una logica di regressione temporale a scalare (cioè “i piani di breve periodo scaturiscono da quelli di medio periodo, i quali a loro volta devono implementare la visione di lungo termine”). Tale pianificazione a ritroso (backward planning), consente di equilibrare in maniera dinamica ed efficace gli elementi di profondità e densità (della prospettiva temporale) collegati alla strategia. In questo modo lo sviluppo degli obiettivi di medio e lungo periodo può essere realistico e attualizzabile evitando una pianificazione incentrata solo sul breve termine.
E’ in questa logica che trovano una solida collocazione metodologica gli item dello strategic managemet in precedenza descritti (punto 3 in particolare). “La visione aziendale fornisce profondità alla prospettiva temporale. Le tattiche aziendali devono invece apportarvi densità e spessore. La mancanza di una delle due componenti (densità e profondità) può portare ad uno stato organizzativo patologico definito sindrome da destrutturazione temporale, ovvero la perdita di orizzonte e di riferimenti temporali solidi nelle persone che lavorano in azienda, da cui deriva in breve tempo demotivazione”.
Un’organizzazione, infatti, per rendere davvero operativa una strategia, non può davvero confidare esclusivamente su una casuale capacità di automotivazione del personale, unica opzione, quest’ultima, che permetterebbe comunque, di implementare la strategia senza chiari milestones temporali e linee guida scaturenti dai piani di breve, medio e lungo termine.
“Il senso della pianificazione deve quindi essere backward o upstreaming, ovvero partire dalla definizione degli obiettivi di lungo periodo da cui ricavare progressivamente gli obiettivi più ravvicinati”. La traduzione pratica di tali approcci è costituita dalle classiche tecniche di project management quali, ad esempio, i diagrammi di Gantt e il Pert.
In conclusione, lo strategic management, in particolare applicato nella realtà delle PMI italiane, è un metodo flessibile e dinamico che consente di canalizzare in senso virtuoso le capacità di consolidamento o espansione del/i business di un’organizzazione. L’elemento di conduzione familiare, che connota fortemente le PMI, rende erroneamente implicite le linee guida strategiche per il governo dell’impresa. L’esito è che le capacità di innovazione e le potenzialità di riposizionamento vincente sul mercato, risultano vane ed inespresse e molte realtà imprenditoriali segnano il passo in settori dove le opportunità dello scenario competitivo e gli skill interni permetterebbero ben altre performances.
Alessandro Monti
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Fonti:
http://ambiente.formez.it
http://www.formambiente.org
http://www.agici.it
Daniele Trevisani "Competitività Aziendale, Personale, Organizzativa: Strumenti di sviluppo e creazione del valore". Franco Angeli editore. © Copyright.
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