IL MERCATO CAMBIA: LE AZIENDA ITALIANE UN PO’ MENO. (estratto da e-business - febbraio 2001)
Pubblicato su Notiziario Gemini Europa ( http://www.geminieuropa.com/ ) Marzo 2001
Quello che sta succedendo oggi è oramai un dato a cui nessuno, neanche il più accanito dei conservatori può obiettare: siamo nel mezzo di una rivoluzione epocale, quella tecnologica.
Internet è parte fondamentale di tutto ciò, è cioè il motore e la scintilla di questa trasformazione. Casi di aziende che si ritrovano con bilanci finalmente positivi, processi produttivi ottimali, attività che rispondono esattamente alle necessità del mercato sono già una percentuale abbastanza buona e destinata ad aumentare velocemente.
In Italia, la situazione per alcuni aspetti non è diversa. Esempi di aziende moderne, tecnologicamente avanzate non mancano, anche se molto c’è ancora da fare. Non siamo ancora adeguati al nuovo, manca una cultura di massa in grado di far esplodere in modo definitivo e ottimale questo nuovo mercato.
Secondo alcuni dati pubblicati da molte riviste specializzate, la situazione in Italia è profondamente contrastante. Se da un lato ci sono esempi di aziende in grado di rappresentare degnamente questo nuovo approccio al lavoro, dall’altro mancano ancora le figure specialistiche, manca il personale in grado di sfruttare questi nuovi mezzi di lavoro.
Le molte riviste specializzate che monitorizzano la realtà aziendale italiana denunciano questo ritardo. La crescente difficoltà per le aziende a reperire figure professionali con competenze specificatamente legate al mondo di Internet e all’e-business genererà nel corso di quest’anno un mancato mercato dell’Information Technology di oltre 9.000 miliardi di lire. A tanto è stimato l’effetto negativo sull’economia italiana del cosiddetto “skill shortage” (mancanza di strumenti da utilizzare).
Ciò che manca, per soddisfare questa necessità molto remunerativa, sono figure strettamente tecniche come gli specialisti di inter-networking, ma anche detentori di un sapere interdisciplinare come i webmaster, gli e-manager, nei quali si uniscono competenze di comunicazione, linguistiche e tecnologiche; per i quali una preparazione culturale generale ad ampio spettro è sempre più necessaria. Istruzione e formazione professionale sono responsabili del gap tra domanda e offerta, ancora più intollerabile in un Paese in cui la disoccupazione giovanile e intellettuale sono elevate.
Per la formazione professionale le aziende investono troppo poco, questa la desolante realtà. Specialmente quella orientata al top ed al middle management (4% del mercato della formazione IT nel 1999, con una previsione di crescita al 10% nel 2002), quella cioè che dovrebbe dare l’indirizzo, tracciare le linee guida del processo. In sostanza, le figure aziendali da cui dipende la buona o la cattiva sorte di un’azienda non sembrano essere sufficientemente preparate, anzi. Le lacune emerse e difficilmente confutabili, sono la logica conseguenza di un approccio imprenditoriale ormai superato dappertutto, ma non ancora in Italia.
E’ necessaria oggi più che mai, una formazione meno tecnica e specialistica di quella necessaria per il personale IT, ma finalizzata alla comprensione per il management delle potenzialità offerte dalle tecnologie a supporto del business e delle evoluzioni previste nel tempo, in modo da poter orientare nella direzione corretta le scelte strategiche dell’azienda.
La riflessione doverosa che ogni imprenditore dovrebbe fare è questa: “se cambia il mercato e le sue regole devo cambiare anch’io, altrimenti non avrò alcuna possibilità di sopravvivenza”.
Questo dovrebbe significare una cosa estremamente semplice, ma ancora difficile da capire per la gran parte degli imprenditori italiani, e cioè: non basta avere potenti computer, siti Web accattivanti e costantemente aggiornati, è necessario, ancor di più, fare in modo che tutte le figure aziendali siano in grado di utilizzare, capire e sviluppare. Per far questo è necessario, adeguare le competenze, formare vecchi e nuovi, imparare ad utilizzare la tecnologia, ma soprattutto avere residenti in azienda le competenze per capire la trasformazione, conoscerne i meccanismi ed utilizzare al meglio gli strumenti in nostro possesso.
La sfida da raccogliere è impegnativa, e coinvolge attori a tutti i livelli, dal Governo al proprietario della piccolissima impresa. Ma non c’è alternativa: chi più chi meno dovremo essere tutti un po’ più “formati” al nuovo mercato ed alle sue regole. Questo perché, l’avvento della società digitale ha determinato un radicale mutamento. Mentre rimangono validi alcuni valori che avevano rilevanza nel passato, come la capacità di approfondire e di conoscere in dettaglio, altri se ne aggiungono quali: l’interdisciplinarietà, la capacità di riutilizzazione delle competenze acquisite in ambiti diversi, l’integrazione.
Per chi volesse avere un altro spunto su cui riflettere, o meglio, per chi cerca la formazione giusta per la Sua struttura o per se stesso, consigliamo di visionare il sito sulla formazione manageriale on line: http://www.eformanager.com/ “per dotare la propria struttura della capacità di gestire l’innovazione”.
Quello che sta succedendo oggi è oramai un dato a cui nessuno, neanche il più accanito dei conservatori può obiettare: siamo nel mezzo di una rivoluzione epocale, quella tecnologica.
Internet è parte fondamentale di tutto ciò, è cioè il motore e la scintilla di questa trasformazione. Casi di aziende che si ritrovano con bilanci finalmente positivi, processi produttivi ottimali, attività che rispondono esattamente alle necessità del mercato sono già una percentuale abbastanza buona e destinata ad aumentare velocemente.
In Italia, la situazione per alcuni aspetti non è diversa. Esempi di aziende moderne, tecnologicamente avanzate non mancano, anche se molto c’è ancora da fare. Non siamo ancora adeguati al nuovo, manca una cultura di massa in grado di far esplodere in modo definitivo e ottimale questo nuovo mercato.
Secondo alcuni dati pubblicati da molte riviste specializzate, la situazione in Italia è profondamente contrastante. Se da un lato ci sono esempi di aziende in grado di rappresentare degnamente questo nuovo approccio al lavoro, dall’altro mancano ancora le figure specialistiche, manca il personale in grado di sfruttare questi nuovi mezzi di lavoro.
Le molte riviste specializzate che monitorizzano la realtà aziendale italiana denunciano questo ritardo. La crescente difficoltà per le aziende a reperire figure professionali con competenze specificatamente legate al mondo di Internet e all’e-business genererà nel corso di quest’anno un mancato mercato dell’Information Technology di oltre 9.000 miliardi di lire. A tanto è stimato l’effetto negativo sull’economia italiana del cosiddetto “skill shortage” (mancanza di strumenti da utilizzare).
Ciò che manca, per soddisfare questa necessità molto remunerativa, sono figure strettamente tecniche come gli specialisti di inter-networking, ma anche detentori di un sapere interdisciplinare come i webmaster, gli e-manager, nei quali si uniscono competenze di comunicazione, linguistiche e tecnologiche; per i quali una preparazione culturale generale ad ampio spettro è sempre più necessaria. Istruzione e formazione professionale sono responsabili del gap tra domanda e offerta, ancora più intollerabile in un Paese in cui la disoccupazione giovanile e intellettuale sono elevate.
Per la formazione professionale le aziende investono troppo poco, questa la desolante realtà. Specialmente quella orientata al top ed al middle management (4% del mercato della formazione IT nel 1999, con una previsione di crescita al 10% nel 2002), quella cioè che dovrebbe dare l’indirizzo, tracciare le linee guida del processo. In sostanza, le figure aziendali da cui dipende la buona o la cattiva sorte di un’azienda non sembrano essere sufficientemente preparate, anzi. Le lacune emerse e difficilmente confutabili, sono la logica conseguenza di un approccio imprenditoriale ormai superato dappertutto, ma non ancora in Italia.
E’ necessaria oggi più che mai, una formazione meno tecnica e specialistica di quella necessaria per il personale IT, ma finalizzata alla comprensione per il management delle potenzialità offerte dalle tecnologie a supporto del business e delle evoluzioni previste nel tempo, in modo da poter orientare nella direzione corretta le scelte strategiche dell’azienda.
La riflessione doverosa che ogni imprenditore dovrebbe fare è questa: “se cambia il mercato e le sue regole devo cambiare anch’io, altrimenti non avrò alcuna possibilità di sopravvivenza”.
Questo dovrebbe significare una cosa estremamente semplice, ma ancora difficile da capire per la gran parte degli imprenditori italiani, e cioè: non basta avere potenti computer, siti Web accattivanti e costantemente aggiornati, è necessario, ancor di più, fare in modo che tutte le figure aziendali siano in grado di utilizzare, capire e sviluppare. Per far questo è necessario, adeguare le competenze, formare vecchi e nuovi, imparare ad utilizzare la tecnologia, ma soprattutto avere residenti in azienda le competenze per capire la trasformazione, conoscerne i meccanismi ed utilizzare al meglio gli strumenti in nostro possesso.
La sfida da raccogliere è impegnativa, e coinvolge attori a tutti i livelli, dal Governo al proprietario della piccolissima impresa. Ma non c’è alternativa: chi più chi meno dovremo essere tutti un po’ più “formati” al nuovo mercato ed alle sue regole. Questo perché, l’avvento della società digitale ha determinato un radicale mutamento. Mentre rimangono validi alcuni valori che avevano rilevanza nel passato, come la capacità di approfondire e di conoscere in dettaglio, altri se ne aggiungono quali: l’interdisciplinarietà, la capacità di riutilizzazione delle competenze acquisite in ambiti diversi, l’integrazione.
Per chi volesse avere un altro spunto su cui riflettere, o meglio, per chi cerca la formazione giusta per la Sua struttura o per se stesso, consigliamo di visionare il sito sulla formazione manageriale on line: http://www.eformanager.com/ “per dotare la propria struttura della capacità di gestire l’innovazione”.
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